Vicenza, lotta alla Campagnolo
Pdac Vicenza
Di fronte ad un utile del 4 per cento su un fatturato che nel 2013 era di 120 milioni di euro, la decisione della Campagnolo di voler mettere in mobilità (leggi licenziare) 68 dipendenti, ha scatenato la giusta reazione dei lavoratori che immediatamente hanno deciso per un picchetto 24 ore su 24 impedendo fisicamente ai camion di portar fuori i pezzi che non fossero finiti.
Una ferma presa di posizione che ha costretto l’azienda a scendere a rivedere i suoi piani. Così nell’ultimo incontro è stata decisa la momentanea sospensione dei licenziamenti.
Una sospensione temporanea e non definitiva. Il provvedimento non è stato ritirato come chiedevano i lavoratori ma solo sospeso, in cambio del fatto che i camion potessero ricominciare a portare fuori le merci dallo stabilimento.
Intanto proseguono le assemblee dei lavoratori, gli scioperi a scacchiera e il presidio giorno e notte davanti alla fabbrica.
Un grande esempio di resistenza che può trasformarsi in un volano per le migliaia di lavoratori che in moltissime fabbriche stanno vivendo la medesima condizione o preoccupazione.
Una resistenza ed un sacrificio collettivo quello dei lavoratori della Campagnolo che, se il padrone non ritirerà i propri intenti, dovrà portare all’occupazione della fabbrica sotto il controllo operaio. Una fabbrica che è ampiamente in attivo e che i lavoratori sanno bene come far funzionare senza delegare ai dirigenti spesso assunti proprio per pensare e realizzare i licenziamenti.
Al contempo la produzione va mantenuta: quei milioni di profitto che l’azienda ha fatto non devono essere utilizzati per finanziare nuovi inutili dirigenti e i loro capricci, ma per assicurare continuità e tranquillità alle quattrocento famiglie del posto, che fanno affidamento sul lavoro per il loro sostentamento.
La fabbrica appartiene a tutti i lavoratori e le lavoratrici che vi hanno lavorato per anni, anche per generazioni.
Una fabbrica può produrre senza padroni,
ma non può continuare ad esistere senza operai!
Riprendiamoci ciò che è nostro!
La fabbrica è di chi lavora e produce.






















