Sull’esito del referendum No Triv
e sul proseguimento della lotta
di Michele Rizzi
Il Pdac ha appoggiato criticamente il referendum No Triv invitando al voto per il SI e partecipando dove possibile ai Comitati che si sono costituiti a sostegno della lotta contro le trivellazioni. Lo abbiamo fatto portando nei Comitati una proposta chiara di sostegno alle lotte progressive che si sviluppano sul territorio a partire dalle esigenze delle masse oppresse, cercando nel contempo di svilupparle in senso anticapitalista e di liberarle dalle illusioni istituzionaliste. Siamo coscienti infatti che un referendum di certo non può cambiare la natura di classe di un governo borghese, in quanto tale amico di banchieri e petrolieri, e che la strada maestra rimane quella della mobilitazione sociale e della lotta di classe.
Il referendum sulle trivellazioni ha avuto indubbiamente dei limiti: uno legato alla matrice istituzionale del quesito referendario in questione (nasce infatti da Consigli regionali espressione in maggioranza di Pd e centrodestra che nazionalmente sostengono le stesse ricette politiche ed economiche antipopolari che conosciamo bene), un altro dovuto al suo carattere limitato (governo, corte costituzionale e consulta hanno fatto saltare anche gli altri quesiti che incidevano maggiormente sulle concessioni petrolifere).
Indubbiamente il non raggiungimento del quorum necessario, è stato dovuto anche all’ostracismo della stampa nazionale filo governativa che ha dato ai Comitati di lotta spazi mediatici quasi inesistenti e al basso coinvolgimento popolare soprattutto in quelle Regioni dove il problema trivellazioni era visto come lontano o addirittura estraneo.
Infatti, i risultati migliori dal punto di vista numerico si sono ottenuti in Basilicata (50,34%) e Puglia (41,66%), le Regioni che hanno visto nascere il maggior numero di Comitati di lotta e che sono alle prese ormai da anni con lo sfruttamento petrolifero selvaggio a tutto vantaggio delle multinazionali che ne traggono profitto.
Riteniamo che tutto il lavoro svolto dai militanti di sinistra all’interno e fuori dai Comitati locali non debba essere vanificato dal risultato elettorale o convogliato nell’inseguire ricorsi all’UE o altre azioni burocratiche ed istituzionaliste che di fatto rompono o tradiscono il lavoro politico sino qui condotto.
Pensiamo inoltre e che tutto l’impegno profuso in questi mesi debba essere utilizzato per costruire una piattaforma generale contro il Governo Renzi, per costruire una mobilitazione popolare di lotta contro le trivellazioni e contro la devastazione ambientale delle multinazionali e le devastazioni sociali, causate da licenziamenti e precarizzazione del lavoro propri del Jobs Act, attacchi a sanità e scuola pubbliche, guerre imperialiste.
Gli oltre 13 milioni di SI al referendum sono stati anche altrettanti NO al Governo Renzi e alle sue politiche antipopolari. Facciamo in modo che si costruisca una vera vertenza unificante anticapitalista ed antigovernativa, indispensabile in questa fase di crisi sociale capitalista che viene fatta pagare a lavoratori e ambiente.






















