Riparte la Rete 28 Aprile in Cgil
Tra grandi possibilità e grandi limiti
di Alberto Madoglio
Venerdì 1
febbraio, presso la sede della Cgil regionale a Sesto San Giovanni,
nell’hinterland milanese, si è svolta l’assemblea nazionale dei delegati
aderenti alla Rete 28 Aprile.
Circa 150
compagni e compagne hanno partecipato a questa importante iniziativa.
I lavori sono
stati introdotti da una relazione di Giorgio Cremaschi, portavoce nazionale
della Rete.
Nel suo
intervento Cremaschi ha attaccato duramente non solo le recenti prese di
posizione della maggioranza della Cgil, ma tutta la politica sindacale seguita
dalla confederazione di Corso Italia, una politica fatta di cedimenti,
concessioni alle richieste di governi e padroni, che hanno portato la classe operaia
italiana, e più in generarle il mondo del lavoro, a subire una serie di
numerose sconfitte, che hanno avuto come risultato concreto quello di vedere le
condizioni salariali, di vita, e di lavoro peggiorate in maniera drammatica.
Si è
sottolineato inoltre come nemmeno la crisi scoppiata nel 2007 abbia spinto la
Cgil a abbandonare la linea di collaborazione di classe seguita nei decenni
passati, anzi contrariamente a quanto si sarebbe potuto pensare, questa
impostazione si è accentuata. Dalla sua nascita nel novembre del 2011, il governo
Monti, chiamato al capezzale del capitalismo italiano in profonda crisi, ha
sferrato una serie di ulteriori colpi al mondo del lavoro, senza trovare una
adeguata opposizione politica o sociale: il Decreto Salva Italia, la riforma
delle pensioni e del lavoro varate dalla Fornero, sono state approvate senza
che dal sindacato guidato da Susanna Camusso siano state messe in campo azioni
di mobilitazione dei lavoratori, le sole in grado di sconfiggere i piani di governo
e padroni.
Non sono
mancate critiche nemmeno alla Fiom, rea di aver avuto un atteggiamento ambiguo
di fronte all’aggressione subita dalla Fiat di Marchionne: prima l’opposizione
ai piani del Lingotto a Pomigliano, poi l’accettazione degli stessi a
Grugliasco, ambiguità giustificata dalla presunta “autonomia” della Rsu a
maggioranza Fiom.
Questa
politica altalenante ha avuto come risultato la cacciata della Fiom dalle
fabbriche Fiat e il conseguente rientro del sindacato di Landini e Airaudo tra
le fila della maggioranza della Cgil.
Chiara è
stata anche la critica agli schieramenti politici in campo, che si
contenderanno alle elezioni del 24 febbraio la guida del Paese: chiunque
vincerà porterà avanti le politiche economiche dettate dalla Troika, fiscal
compact e pareggio di bilancio.
Si è trattato
quindi di una relazione tutta spostata a sinistra sul campo politico e sociale,
che ha avuto come conclusione l’annuncio della presentazione di un documento
congressuale alternativo a quello della segreteria confederale, per le
assemblee che partiranno il prossimo autunno e che sfoceranno con la primavera
del 2014 nel XVII congresso nazionale.
Tutto bene
quindi? Non proprio.
E’ mancata una
benché minima autocritica, un bilancio degli ultimi tre anni di vita della Rete
28 Aprile: dalla scelta di dar vita a un’opposizione sindacale, La Cgil che
Vogliamo, frutto di accordi con pezzi di apparato sindacale piuttosto che di
una chiara, aperta e coerente battaglia sindacale fondata su di un programma
alternativo a quello della Camusso, per non parlare della gestione unitaria
avuta in Fiom fino alla scorsa estate, e dei silenzi riguardo la linea
Landini/Airaudo, che fanno apparire le critiche udite oggi più come il frutto
della cacciata di Bellavita dalla segreteria dei metalmeccanici, che non di una
vera presa d’atto di una politica fallimentare.
Le stesse
parole sprezzanti nei riguardi della coalizione politica a sinistra del Pd e
guidata da Ingroia, lasciano quanto meno perplessi vista la sostanziale
apertura a quell’esperienza che lo stesso Cremaschi aveva fatto appena qualche
settimana fa: forse che il mancato riconoscimento politico dell’ex magistrato nei
confronti di Cremaschi sia il vero motivo di tale risentimento?
Anche su di un altro punto centrale, quello dell’unità di azione fra avanguardie sindacali a prescindere dalla loro collocazione, in parole povere i rapporti col sindacalismo di base, si deve passare dalle parole ai fatti. Se la Cgil mantiene rapporti con i sindacati complici di governo e padroni, Cisl, Uil e Ugl, allora la Rete 28 Aprile ha tutto il diritto, e anche il dovere, di coordinarsi con chi rifiuta di piegarsi ai diktat padronali: bisogna sostenere, ad esempio, la Cub nella sua lotta contro gli straordinari comandati di sabato nello stabilimento Ferrari di Maranello (mentre i delegati Fiom della Rete legati a Falce e Martello si oppongono a questa scelta), né si può fare come lo scorso 22 giugno, quando in presenza di uno sciopero generale convocato dal sindacalismo di base, la Rete si è limitata a lasciare “libertà di coscienza”, anziché impegnarsi per la sua riuscita.
Se si vuole realmente combattere le politiche di austerità imposte dall’Europa e dalla borghesia italiana, bisogna uscire una volta per tutte dalle ambiguità: bisogna riconoscere che non è con le utopie di stampo neokeynesiano fatte proprie dal Comitato No debito (e purtroppo ancora rivendicate non solo da Cremaschi ma anche dalla totalità degli interventi, compresi i sedicenti "trotskisti" del Pcl) che si potrà porre fine una volta per tutte alla crisi che sta colpendo l’economia mondiale da quasi sei anni, ma solo con una serie di rivendicazioni radicali, di natura transitoria come quelle che sono alla base del programma che ha dato vita al coordinamento No Austerity (nazionalizzazione senza indennizzo sotto controllo operaio delle aziende che licenziano e ricorrono alla cassa integrazione, difesa della scuola e della sanità pubblica, creazione di comitati di lotta di operai per arrivare a un coordinamento nazionale di tutte le mobilitazioni che oggi sono ancora divise, fine del segreto bancario e apertura dei libri contabili delle aziende, creazione delle condizioni per arrivare alla proclamazione di uno sciopero generale unitario per il ritiro delle misure antioperaie varate negli anni dai governi).
Non si tratta, per essere chiari, di creare una contrapposizione astratta fra due comitati ma piuttosto di scegliere due vie (le fumoserie neokeynesiane o il collegamento e lo sviluppo delle lotte) che portano a due mete opposte.
Le prossime settimane saranno molto intense e importanti e ci diranno se la sinistra Cgil potrà fare stavolta quel salto politico e organizzativo indispensabile per difendere gli interessi dei lavoratori, o se si limiterà a una politica di piccolo cabotaggio, di mera testimonianza all’interno della confederazione. Per parte nostra non saremo spettatori passivi e ci batteremo per la prima via.






















