Elezioni amministrative
Cresce la crisi politica della borghesia,
bisogna far crescere le lotte
1. L'apparente vittoria dei due schieramenti borghesi classici, Pd e Pdl, che si aggiudicano la totalità dei ballottaggi o persino di vittoria al primo turno (Pd), non deve oscurare il principale elemento che emerge da queste elezioni: cresce e si approfondisce uno scontento di massa verso i partiti che applicano le politiche di austerità e più in generale cresce la sfiducia complessiva verso il sistema politico parlamentare borghese, sommerso da scandali e malaffare. E' questo il senso della ulteriore crescita dell'astensione e dell'ulteriore perdita di voti assoluti sia del Pdl che del Pd.
2. L'altro dato significato è il crollo del Movimento Cinque Stelle di Grillo. Questa volta lo scontento di massa non è capitalizzato dalla demagogia populista dell'ex comico. Difficile dire al momento se si tratti di una battuta d'arresto (dovuta alla percezione dell'"inutilità" di questa formazione, specie in ambito di amministrazioni locali) o di qualcosa di più profondo. In ogni caso è un fatto positivo perché ridimensiona una forza sostanzialmente reazionaria (nel programma, negli obiettivi dei due leader-guru, nei referenti sociali con cui cerca di costruire un proprio blocco sociale di riferimento), per quanto sostenuta anche da ampi settori di lavoratori e giovani di sinistra.
3. A sinistra continua la lenta agonia di Rifondazione.
Rifondazione
Comunista, dopo la disfatta e la rapida scomparsa di Rivoluzione Civile, ha
presentato in vari casi proprie liste: sempre comunque (salvo rare eccezioni,
dove il Pd ha rifiutato) in alleanza subalterna al Pd e alle logiche di
governabilità locale del capitalismo.
Per un
partito riformista, quale Rifondazione è, il dato numerico delle elezioni è
importante se non decisivo. La nuova vertiginosa caduta - stavolta al limite
della sparizione (con risultati intorno all'1%, salvo la Toscana e poche
eccezioni locali; in ogni caso uscendo da buona parte delle amministrazioni
comunali e prendendo consiglieri solo in una manciata di situazioni) - non
potrà che accelerare il processo di scomposizione interno già avviato: con una
parte del gruppo dirigente in fuga verso la Sel di Vendola e il resto impegnato
o in improbabili operazioni di rilancio di Rifondazione o di confluenza nella
neonata (e ad ora invisibile) Rossa di Cremaschi (con Rete dei Comunisti, pezzi
di Sinistra Critica, ecc.), ennesimo tentativo di mettere insieme cose diverse
con l'unico intento di salvare settori di apparati in dissoluzione.
Il bilancio
migliore del voto di Rifondazione sta involontariamente nella prima
dichiarazione di Ferrero: un partito che durante i due governi Prodi aveva
guadagnato (in cambio di un sostegno alle politiche anti-operaie del governo)
centinaia di eletti nelle istituzioni, ministri e sottosegretari, oggi, con si
deve consolare con l'elezione (peraltro dietro liste civiche) dei sindaci di: Grottammare,
Gioiosa Jonica, Bussi e Pico. Risultati... a cui è dedicata tutta l'analisi
politica del segretario di Rifondazione.
4. Il Pdac era l'unico partito a sinistra di Rifondazione presente in qualche città con proprie liste in queste elezioni. Il risultato numerico, minimo, è nella media dei consueti risultati dell'estrema sinistra in questi anni: lo zero virgola qualcosa (con una punta dello 0,6 a Barletta). Ma come sempre, per quanto ci riguarda, misureremo il risultato non con l'aritmetica delle elezioni borghesi ma in termini di nuovi contatti e nuovi iscritti al partito guadagnati grazie alla propaganda attorno a un programma rivoluzionario (l'unico programma dalla parte degli operai che si è visto in queste elezioni), come sempre per noi scopo unico della presentazione alle elezioni. Presentazione che abbiamo fatto coniugandola con la nostra attività principale: e cioè con la presenza costante nelle principali lotte che, per quanto isolate, si stanno sviluppando in varie regioni d'Italia e in cui, immancabilmente, sono presenti militanti del Pdac.
5. Abbiamo
partecipato alle elezioni, ora le commentiamo: ma come ripetiamo da sempre non
è dalle urne che possono uscire soluzioni per i lavoratori. L'unica soluzione
sta nel rafforzare ed estendere le lotte che, pure ancora embrionali, attraversano
il nostro Paese. Unirle, organizzarle, svilupparle, prendendo esempio da quanto
succede in altre parti d'Europa.
Solo con le
lotte si potrà sbarrare la strada al governo padronale di Pd-Pdl-Monti. Solo
dalle lotte potrà emergere una prospettiva di alternativa di classe, rivoluzionaria,
dei lavoratori.






















