Tendenze dell'economia mondiale dopo la recessione del 2020
di Eduardo Almeida
Il 2020 è stato un anno terribile per i lavoratori di tutto il mondo. La combinazione della peggiore pandemia dopo l'influenza spagnola del 1918 e della peggiore recessione mondiale dopo quella del 1929, ha provocato la morte di 2,5 milioni di persone (solo in cifre ufficiali; in realtà sono molte di più) e centinaia di milioni di disoccupati.
Tuttavia, non è stato altrettanto terribile per la borghesia. La maggior parte delle grandi aziende vengono salvate dalla bancarotta grazie all'aiuto di piani governativi di dimensioni storicamente inedite. Inoltre, un settore di grande capitale si è rafforzato e arricchito ancora di più durante la crisi. E, quel che è peggio, ci sono forti segnali che la borghesia stia usando la crisi per sviluppare tendenze che già esistevano prima e che possono rendere possibile una nuova ascesa dell'economia capitalista.
L'onda discendente
Secondo Trotsky: «L'equilibrio capitalista è un fenomeno estremamente complesso. Il regime capitalista costruisce tale equilibrio, lo rompe, lo ripristina per romperlo di nuovo, allargando in tal modo i limiti del suo dominio. Nella sfera economica, queste continue rotture e ripristini di equilibrio prendono la forma di crisi e booms. Nella sfera dei rapporti di classe, la rottura dell'equilibrio consiste in scioperi, serrate e lotte rivoluzionarie. Nella sfera dei rapporti tra Stati, la rottura degli equilibri si traduce in guerre, o più subdolamente, in guerre dei dazi doganali, guerre economiche o blocchi. Il capitalismo possiede quindi un equilibrio dinamico che è sempre in una situazione di rottura o di ripristino. Allo stesso tempo, un tale equilibrio possiede un grande capacità di resistenza; la migliore prova che ne abbiamo è che il mondo capitalista esiste ancora» (La situazione mondiale, 1921).
I punti di equilibrio definiti da Trotsky possono essere associati alle lunghe onde ascendenti dell'economia capitalista e quelli di squilibrio alle onde discendenti.
Il quadro più generale della crisi attuale è quello di un'ondata al ribasso dell'economia mondiale, che va avanti dalla crisi del 2007-2009 e continua fino ai giorni nostri.
Tale ondata è stata preceduta da un'ondata ascendente, con la «globalizzazione», negli anni '80 e '90, che accompagnò i piani neoliberisti in tutto il mondo, la restaurazione del capitalismo in Cina e nell'Europa orientale e una brusca battuta d'arresto nelle condizioni di vita del proletariato. In quel periodo di ascesa dell'economia capitalista, la Cina è stata inglobata nella divisione mondiale del lavoro come «fabbrica del mondo».
La recessione globale del 2007-2009 ha segnato l'inizio dell'attuale ondata discendente. Ha quasi portato a una depressione come quella del 1929, ma la borghesia ha risposto con una brutale iniezione di denaro pubblico nelle grandi imprese. Ci sono stati alcuni fallimenti, come Lehman Brothers, ma la maggior parte delle grandi banche è stata salvata, così come le industrie (Gm, per esempio) e altri settori.
Nonostante gli interventi degli stessi governi abbiano salvato i grandi capitali, ne hanno però [contemporaneamente, ndt] limitato la ripresa dopo la crisi. Hanno difatti impedito il fallimento del vecchio capitale, di quelle società che non potevano raggiungere il saggio medio di profitto che regola il capitale, cioè la normale dinamica di distruzione delle forze produttive nell'economia capitalista. Ciò ha limitato una crescita più dinamica dopo la crisi.
L'onda discendente ha amplificato il conflitto tra gli Stati. Nel periodo di ascesa della globalizzazione, i rapporti tra le grandi potenze puntavano verso un punto di maggiore equilibrio, con la creazione di accordi commerciali internazionali e il rafforzamento di istituzioni come l'Omc (Organizzazione mondiale per il commercio). Nell'onda discendente, i conflitti inter-imperialisti sono diventati più acuti, molti di questi accordi sono stati messi in discussione (come la Brexit), la stessa Omc è quasi paralizzata.
L'amministrazione Trump – e i conflitti da essa causati - sono un'espressione di questa realtà. Tralasciando il dibattito sul carattere attuale della Cina, non c'è dubbio che la «guerra commerciale» tra Stati Uniti e Cina sia il punto più caldo di questo squilibrio tra grandi capitali.
La Cina è cresciuta molto in questi ultimi trent'anni, è già la seconda economia mondiale e una grande esportatrice di capitali. Non c'è più spazio nel posto che le è stato riservato prima, nella globalizzazione, e questo si scontra con gli interessi dell'imperialismo statunitense in declino. Il conflitto tra Stati Uniti e Cina è una parte fondamentale di questo squilibrio dell’ondata discendente.
È importante sottolineare che questo squilibrio si manifesta nella lotta di classe con innumerevoli crisi politiche e l'emergere di ascese rivoluzionarie (Cile, Hong Kong e altri), così come nei colpi di Stato militari (in Bolivia, per esempio). Questa onda discendente è quindi il quadro più generale necessario per comprendere la recessione globale del 2020.
Da un lato va notata la sua gravità, dal momento che si sono verificate due gravissime recessioni mondiali in un breve lasso di tempo (2007-2009 e 2020).
Dall’altro, non si può semplicemente prospettare una tendenza catastrofica, come se il capitalismo non avesse via d'uscita. Al contrario, il grande capitale sta attivamente cercando di riconquistare un nuovo punto di equilibrio che consenta una nuova ondata ascendente, come quella precedente della globalizzazione. Come cercheremo di dimostrare in questo articolo, [il capitalismo, ndt] sta cercando di utilizzare la crisi e la pandemia per puntare in quella direzione.
Le fasi della crisi
Il 2020 è stato caratterizzato da diverse fasi ben marcate della crisi economica.
In primo luogo, anche prima della pandemia, c'erano già segni evidenti di una nuova recessione globale, con il tasso di profitto in calo nelle principali economie capitaliste. La pandemia ha accelerato e aggravato tutti questi elementi.
Nel primo trimestre del 2020, il calo del Pil negli Stati Uniti è stato dell'1,3%; 3,7% nella zona euro; 0,6% in Giappone. In Cina è stato del 6,8%, il primo dalla restaurazione del capitalismo.
Nel secondo trimestre c'è stato un brutale aggravamento della crisi dovuto ad un elemento extra-economico - la pandemia - che ha portato ad una paralisi per quarantene del 40-50% della popolazione mondiale, cosa mai accaduta.
Il calo del Pil negli Stati Uniti è stato del 9,5% (32,9% in termini annualizzati, il peggiore dalla depressione del 1929). Il Pil dei Paesi dell'Unione Europea è sceso dell'11,9% (14,4% in termini annualizzati), con la Germania in calo del 10,1%, la Francia del 13,8%; l’Italia del 12,4%; il Portogallo del 14,1%; e la Spagna del 18,5% (il calo maggiore dalla guerra civile). L'eccezione tra le principali economie capitaliste è stata la Cina, che è cresciuta del 3,2% nel secondo trimestre.
A partire da quella brusca caduta del secondo trimestre si sono aperte due grandi possibilità per l'evoluzione dell'economia capitalista: andare verso una depressione come quella del 1929 o entrare nella fase di ripresa.
Nel complesso, la recessione globale del 2020 ha significato un calo del 4,3% del Pil mondiale, molto più grave del calo dell'1,7% della crisi del 2007-2009 e quindi la peggiore recessione dal 1929. Il calo negli Stati Uniti per l'intero anno è stato pari a 3,5%; in Germania, 5%; in Spagna, 11%; in Inghilterra, 9,9%; in Italia, 8,8%; in Francia, 8,3%; in Giappone, 4,8%. L'America Latina ha registrato un calo del 7,7%.
La Cina è cresciuta del 2,3% [annualizzata], ma è stata la crescita più lenta in 44 anni, sebbene sia stata l'unica delle grandi economie capitaliste a crescere.
Ma ciò che è iniziato nella seconda metà del 2020 è stata una ripresa dell'economia, che continua ancora oggi. Resa possibile dalla fine delle quarantene e dai giganteschi pacchetti di aiuti dei governi di tutto il mondo, è iniziata una fragile e irregolare ripresa del capitalismo globale.
Ciò può essere verificato dall'evoluzione del quarto trimestre del Pil negli Stati Uniti (1%); Germania (0,1%); Spagna (0,4%); Francia (-1,3%); Italia (-2,3%); Portogallo (0,4%); Zona Euro (0,7%); Giappone (3%). La realtà indica una prospettiva di crescita lenta dell'economia capitalista, che nel 2021 non dovrebbe raggiungere i livelli precedenti alla crisi.
Evoluzione a V?
I governi e gli ideologi della borghesia mondiale hanno lanciato una campagna all'inizio del 2020 che mira a una rapida ripresa dalla pandemia e dell'economia mondiale.
Ora, già non possono parlare più tanto della fine immediata della pandemia. Con oltre mezzo milione di morti negli Stati Uniti, la pandemia ancora incontrollata in Europa e la crescita in Brasile, India e in varie parti del mondo, i propagandisti del capitale hanno dovuto cambiare discorso.
L'Oms ora sottolinea che un calo del numero di infetti e di morti a livello globale potrebbe avere inizio alla fine di gennaio. Questa nuova previsione ottimistica dovrà essere verificata nei prossimi mesi.
La realtà è che la vaccinazione è ancora all'inizio, con enormi ritardi e una mancanza di coordinamento globale. Anche nei più importanti Paesi imperialisti, la vaccinazione procede lentamente. Molti Paesi semi-coloniali, ancora più colpiti, non possono permettersi i vaccini necessari. Fino a quando non verrà raggiunto il livello globale di immunità di gregge, ci vorranno alcuni anni. E nessuno può escludere nuove ondate con i nuovi ceppi del virus.
Non si vede una rapida ripresa nemmeno dell'economia mondiale. Prima di tutto perché il persistere della pandemia colpisce l'economia, come sappiamo.
Inoltre, il ritmo generale dell'economia è determinato dal livello di accumulazione degli investimenti capitalistici. E questo è regolato dal tasso di profitto delle grandi aziende. Se c'è un buon tasso di profitto, ci sono investimenti e l'economia cresce; se ciò non si verifica, arriva una crisi. Già verso la fine del 2019, come dicevamo, c'è stato un calo del saggio di profitto nei Paesi imperialisti che ha segnato l'inizio della recessione mondiale. Michael Roberts indica un calo nell'anno 2020 di circa il 15% del tasso medio di profitto nei Paesi imperialisti.
Ovviamente c'è un'enorme disuguaglianza in quest'area, con un settore che coinvolge le grandi aziende tecnologiche e le grandi banche, che hanno ottenuto guadagni astronomici dalla crisi. Ne parleremo avanti. Ma questa non è la realtà di tutte le grandi aziende e non modifica il calo generale del saggio di profitto.
I giganteschi piani dei governi, con un'iniezione senza precedenti, in termini storici, di denaro pubblico nelle aziende, non risolvono neanche questo problema. In generale, gli investimenti pubblici costituiscono il 3% dell'accumulazione capitalistica, e quelli privati, delle imprese, il 20%. Il gigantesco piano di Biden da 1900 miliardi di dollari, può aumentare la crescita del Pil negli Stati Uniti solo dell'1%.
Inoltre, i governi non fanno investimenti diretti nell'economia, ma danno quei soldi alle grandi aziende in generale e alle banche in particolare. E proprio a causa del basso saggio di profitto, queste somme multimilionarie vengono usate nella speculazione finanziaria che, come vedremo, non è mai stata così gigantesca.
Pertanto, con il tasso di profitto basso, è molto probabile che non ci sarà crescita a V. Sarà forzata la continuazione di questa crescita bassa.
In questa fase di ripresa, il rapporto tra vecchio capitale e nuovo capitale va nella stessa direzione. Come con la crisi del 2007-2009, il denaro pubblico ha salvato le grandi aziende che non raggiungono un livello medio di produttività e sarebbero andate andare in bancarotta, come parte del ciclo capitalista. Quando ciò non accade, il tasso medio di profitto che regola l'economia viene abbattuto.
Uno studio indica che circa 20 su 100 delle tremila più grandi società di proprietà pubblica negli Stati Uniti sono attualmente «zombie», il che significa che il loro reddito non è sufficiente per pagare i loro debiti (1360 miliardi di dollari) e dipendono dalla continuità degli aiuti pubblici per sopravvivere.
Così, la recessione globale del 2020, la più grave dal 1929, non si è evoluta verso una depressione ma verso una lenta, disomogenea ripresa con contraddizioni molto importanti, che ora analizzeremo.
Una gigantesca polarizzazione economica e sociale
Non è vero che «tutti hanno perso» in questa crisi. Al contrario, la realtà è che, mai come ora, quelli in alto salgono e quelli in basso scendono.
Mentre si è sviluppata una scia di morti, miseria e disoccupazione tra i lavoratori, una parte delle grandi aziende ha registrato profitti giganteschi nel 2020. Secondo The Economist, nel secondo trimestre del 2020 «i redditi di Citibank, Goldman Sachs e Jp Morgan erano superiori a quelli di qualsiasi altro momento dalla crisi finanziaria globale, quasi raddoppiati rispetto allo stesso periodo del 2019. Goldman Sachs, una delle due grandi banche di investimento indipendenti rimaste, ha visto i suoi ricavi aumentare del 41%». Grandi aziende tecnologiche (Apple, Google, Facebook, Microsoft) o e-commerce (Amazon, Alibaba) e aziende farmaceutiche che producevano vaccini hanno avuto profitti astronomici.
Miliardari come Jeff Bezos (Amazon), Elon Musk (Tesla) e Mark Zuckerberg (Facebook) si alternano nella posizione di uomini più ricchi del mondo. Bezos ha aumentato le sue fortune in un solo giorno nel 2020 di oltre 12 miliardi di dollari.
Nell'ambito della stessa tendenza, c'è una crescente polarizzazione tra i Paesi, con il rafforzamento delle grandi aziende tecnologiche negli Stati Uniti, il rafforzamento della Germania in Europa, della Cina nel sud-est asiatico. I Paesi semi-coloniali vengono penalizzati nella divisione mondiale del lavoro, con un processo di deindustrializzazione, come in Brasile e in Argentina.
E c'è una gigantesca ondata di bancarotte di piccole imprese, che aumentano la crisi sociale e la disoccupazione.
C'è una tendenza alla crescita della polarizzazione Usa-Cina
La «guerra commerciale» tra Stati Uniti e Cina non si è limitata al commercio né si è conclusa con Trump. Come abbiamo visto, è un conflitto tra l'imperialismo egemonico ma decadente degli Stati Uniti e la Cina, un Paese capitalista con un'economia gigantesca, che non si adatta più al ruolo che le era stato precedentemente riservato nel mercato mondiale.
La pandemia, come abbiamo visto, ha colpito in modo diseguale il mondo capitalista. Ma la Cina è emersa prima e meglio sia dalla pandemia che dalla recessione globale. Approfittando del regime dittatoriale e del peso dell'accumulazione capitalista, superiore alla media dei Paesi capitalisti (circa il 40%, il doppio rispetto agli altri Paesi), la Cina è stata l'unica grande economia a crescere. Ed è riemersa vendendo vaccini, maschere, siringhe a tutti. La ripresa della sua crescita può già essere avvertita con un aumento dei prezzi internazionali delle materie prime.
La Cina ha guidato nel novembre 2020 la firma del Rcep (Regional Comprehensive Economic Partnership), un blocco commerciale che raggiunge i 2,2 miliardi di persone, un terzo del PIL mondiale, con Paesi come Giappone, Australia, Nuova Zelanda e buona parte dei Paesi dell'Asia ... senza gli Stati Uniti.
I cinesi sono più avanzati nella produzione e nella competizione sul mercato mondiale della tecnologia 5G. Hanno appena lanciato la loro criptovaluta in tutto il Paese.
Ciò significa che il conflitto con gli Stati Uniti continuerà e si espanderà, anche con Biden in carica.
Si sta costruendo una nuova crisi del debito
I governi di tutto il mondo mettono da parte le ideologie neoliberiste dello «Stato minimo» per adottare spese gigantesche per far uscire le grandi imprese dalla crisi. Di conseguenza, secondo Michael Roberts: «I livelli di debito del settore pubblico supereranno qualsiasi valore raggiunto negli ultimi 150 anni, anche [quelli registrati, ndt] dopo la prima e la seconda guerra mondiale».
L'Institute of International Finance (Iif) ha recentemente riferito che il rapporto tra debito globale e prodotto interno lordo aumenterà dal 320% del 2019 a un valore record del 365% nel 2020. Il debito del settore pubblico statunitense è salito alle stelle durante la pandemia ad oltre il 110% del Pil degli Stati Uniti.
Inevitabilmente, dopo la pandemia, i deficit e debiti pubblici verranno scaricati sui lavoratori, con attacchi ancora più brutali all'istruzione e alla salute pubblica, alle pensioni e così via. In altre parole, per ora si salvano le grandi aziende, e poi i lavoratori pagheranno il conto.
Inoltre, l'elevato indebitamento colpisce anche le grandi aziende e anche quelle più piccole. Come abbiamo visto, c'è un aumento delle società «zombie», che possono andare direttamente in bancarotta con la fine dei piani. E una buona parte delle piccole (società, ndt) è già fallita o sta fallendo.
Una gigantesca bolla finanziaria speculativa
Una delle contraddizioni più aberranti dell'economia mondiale si verifica tra l'evoluzione dell'economia reale e quella dei mercati azionari di tutto il mondo. Mentre la produzione, gli investimenti e l'occupazione hanno registrato cali storici nel 2020, il mercato azionario negli Stati Uniti e in buona parte dei Paesi imperialisti ha registrato aumenti storici.
La spiegazione è semplice. Come abbiamo visto, buona parte del denaro dei piani governativi consegnato alle banche e alle grandi aziende non è stato investito nella produzione, ma spostato sulle speculazioni. Con tassi di interesse prossimi allo zero o negativi, le aziende trasferiscono il denaro, ricevuto in dono, in azioni, titoli e valute, con profitti elevati. C'è una febbre speculativa la cui dimensione è quasi inimmaginabile per i lavoratori.
Marx lo chiamava capitale speculativo. Il vero capitale, investito nella produzione, che genera plusvalore, è quello che si trova nelle fabbriche automobilistiche negli Stati Uniti e in Cina, nella Abc di San Paolo, così come nei tessuti di Haiti, Bangladesh, ecc. Ma le aziende raccolgono anche fondi per investimenti, con l'emissione di azioni e titoli, che presuppongono guadagni futuri.
C'è un mercato attorno a questi titoli, che può decollare verso un processo speculativo, che è ciò che sta accadendo in questo momento. In altre parole, si scommette sul futuro, basandosi sui calcoli degli stessi capitalisti i quali a loro volta dipendono da quanto gli altri investitori credano nei calcoli che vengono loro presentati. Così si creano ondate di investimenti a fondo perduto in azioni, il cosiddetto «effetto mandria», che in molti casi può portare a milioni di perdite per i piccoli investitori e persino a bancarotte di gruppi finanziari che sono scoperti nella caduta, come accadde nel 1929 e nella recente crisi del 2008. Grandi speculatori - come i fondi giganti - comprano e vendono queste attività finanziarie, aumentando e abbassando i prezzi. Poiché il denaro è abbondante, i prezzi delle azioni e dei titoli salgono alle stelle.
Secondo i calcoli di Bloomberg, mentre il profitto delle società globali quotate in Borsa è sceso del 15% nel 2020, le azioni globali sono aumentate del 18% e l'indice Nasdaq delle società tecnologiche è aumentato del 51%.
Una società come Amc Theatres, la più grande catena globale di cinema, con teatri vuoti o chiusi, ha guadagnato 600 milioni di dollari sul mercato. Oggi vale di più in borsa rispetto a quando le sale erano piene. La Carnival Cruise, che fa crociere marittime, quasi completamente paralizzate dalla pandemia, ha raccolto 4,5 miliardi di dollari in nuove azioni.
La Tesla è un esempio diverso, in quanto è una fabbrica con un grande futuro grazie al suo investimento nelle auto elettriche, nonché nella produzione di pannelli a energia solare. Sta avendo, come vedremo in seguito, un grande successo, ha prodotto 367.000 vetture nel 2019; 500.000 nel 2020; e prevede di raggiungere le 800.000 entro il 2021.
Tuttavia, le azioni di Tesla sono aumentate brutalmente, non solo a causa della sua posizione come azienda del futuro, ma anche a causa del processo speculativo in corso. Le sue quote sono aumentate del 743,4% nel 2020. Ciò ha portato oggi la Tesla ad avere un valore di mercato più elevato rispetto a tutte le altre case automobilistiche messe insieme, come Gm, Ford, Toyota, Fiat, Chrysler, Daimler. Basta fare un confronto con la produzione reale, per vedere che solo negli Stati Uniti Ford ha venduto 2,42 milioni di automobili, Gm 2,9 milioni; e la Fiat Chrysler 2,89 milioni nel 2020. Cioè, molto più della Tesla in tutto il mondo.
Ci sono indici della stessa borghesia che misurano il livello di spostamento delle azioni in relazione alla produzione e ai profitti reali. Tutti questi indici, come il Cape ratio di Schiller, il Q di Tobin o l'Euphoria-Panic di Citibank, indicano che la situazione attuale nei mercati azionari è simile a quella che esisteva appena prima della crisi del 1929 e del 2007-2009.
Un'altra espressione dell'attuale tumulto speculativo è la speculazione monetaria, in particolare con le criptovalute come il bitcoin. Bitcoin è emerso nel 2009, creato da un gruppo di programmatori. Si tratta di una moneta digitale, sotto forma di file criptato, che non ha alcuna zavorra su qualsiasi valuta o valore d’uso. Non è regolamentata da nessuna istituzione ufficiale, nessuna banca centrale, come le monete fisiche. Ha un numero finito di unità (21 milioni), per imitare il carattere non riproducibile dell'oro, contrariamente alle monete fisiche che possono essere stampate o coniate. All'inizio, il bitcoin non valeva nulla. Ma è cresciuto a partire dal discredito delle valute prodotto dalla crisi del 2007-2009. Nel 2017, bitcoin ha avuto un apprezzamento dell'1.880%, raggiungendo un valore di 19.000 dollari per unità. Nel 2018 è sceso dell'85%, rovinando una parte degli scommettitori. Nel 2020, nel bel mezzo di una recessione globale, è iniziata una seconda ondata, dal momento che grandi fondi hanno iniziato a investire in bitcoin, valorizzandolo del 276% sino a raggiungere il valore di 27.000 dollari. Ciò è continuato nel 2021, con un aumento dell'80% in due mesi, raggiungendo un prezzo vicino ai 50.000 dollari nel momento in cui è stato scritto questo articolo.
Molte volte noi lavoratori non riusciamo a immaginare il vero significato di grandi somme. In generale, partiamo come riferimento dalla nostra realtà, cioè da quello che potrebbe essere acquistato con i nostri stipendi. Grandi quantità sono difficili da immaginare, così come gli oggetti microscopici, invisibili ad occhio nudo. Come puoi immaginare vincite di 100 milioni di dollari in un solo giorno, che corrispondono approssimativamente a cinque premi della lotteria? Questo è quanto Elton Musk ha guadagnato speculando sui bitcoin. Ancora meno potete davvero immaginare i 12 miliardi di dollari che Jeff Bezos ha guadagnato in un giorno, con l'aumento dei prezzi delle azioni Amazon. Nessun valore è generato dalla speculazione. Ciò che si guadagna, molte volte si tratta di cifre enormi, sono in realtà trasferimenti di plusvalore generato nelle fabbriche, che passa dalle mani di un capitalista all'altro. Si genera una spirale speculativa che ricorda una gigantesca piramide finanziaria, che un giorno dovrà cadere per adattarsi all'economia reale. Questa è stata la dinamica del 2007, con la crisi dei subprime [obbligazioni spazzatura] nel mercato immobiliare. E questa cosa può succedere di nuovo in qualsiasi momento.
Qual è la dinamica della crisi attuale?
Possiamo riassumere quanto detto fin qui sottolineando che l'economia capitalista si sta riprendendo dalla recessione del 2020 con una crescita lenta e disomogenea, segnata da un aumento della polarizzazione tra i diversi settori del grande capitale, e tra il capitale nel suo insieme e i lavoratori. Un capitalismo che grava pesantemente sui debiti pubblici e privati, e con una speculazione di dimensioni brutali.
Ciò potrebbe accelerare una nuova, più grande recessione in pochi anni, che sarebbe la terza di quella lunga ondata discendente.
Ma, come abbiamo detto prima, il grande capitale cerca anche di rinnovarsi per raggiungere una nuova ondata di capitalismo in ascesa. Per riprendere questa nuova fase di ascesa, il capitalismo ha bisogno di una nuova base tecnologica da incorporare nella produzione, per avanzare in una nuova divisione mondiale del lavoro, risolvendo in qualche modo il conflitto Usa-Cina, per imporre nuove sconfitte alle condizioni di vita del proletariato.
Questa ricerca del grande capitale è legata anche all’evoluzione del rapporto tra gli Stati e della lotta di classe, con colpi di scena, avanzamenti e battute d'arresto, vittorie e sconfitte in tutti i campi della tecnologia e dell'economia.
A nostro avviso, i segnali che il capitalismo stia avanzando in questa direzione sono parte della realtà attuale, usando a tale scopo la pandemia e l'ultima recessione.
In primo luogo, dal punto di vista tecnologico esistono già dei progressi che possono essere incorporati nella produzione per creare una nuova base, simile a quella che usava precedentemente, come settore trainante, l'industria automobilistica. La tecnologia 5G, l'internet delle cose; le auto elettriche e autonome, l'industria 4.0, una nuova matrice energetica, costituiscono sviluppi tecnologici molto importanti che, integrati nella produzione, possono produrre progressi di qualità.
In secondo luogo, ci sono già drastici regressi nel tenore di vita dei lavoratori, che nel 2020 si sono notevolmente ampliati con la pandemia e la recessione. L'avanzata fortissima della precarietà nei rapporti di lavoro, l’allestimento di un enorme esercito di operai di riserva attraverso la massa di disoccupati, la riduzione degli stipendi degli impiegati, indicano una battuta d'arresto di oltre un secolo nelle conquiste dei lavoratori.
È un dato di fatto che in vari settori questo processo stia avanzando. Un esempio è quello delle auto elettriche. La Tesla è l'esempio più noto e sta aprendo nuovi grandi stabilimenti a Berlino e Shanghai. Tutte le grandi case automobilistiche stanno investendo molto in questo senso, con piani multimiliardari in modelli nuovi, più efficienti ed economici. Apple sta negoziando con Gm Hyundai una partnership per la produzione di un'auto elettrica. Gm ha annunciato che nel 2035 produrrà solo auto elettriche.
Questo non è un semplice problema tecnico. Si tratta di una lotta tra il nuovo capitale e quel vecchio capitale che viene [tuttora, ndt] investito nella produzione di automobili a combustione, insieme alla produzione, raffinazione e distribuzione del petrolio. Ciò colpisce, con investimenti di miliardi di dollari, settori trainanti dell'economia, come le industrie automobilistiche e petrolifere. In alcuni settori, sono le stesse grandi aziende che si stanno riconvertendo. In altri ci sono scontri inter-borghesi tra diverse parti della borghesia che hanno stabilito già da molti anni rapporti politici con partiti e governi.
Ad esempio, Trump è sempre stato legato al settore delle compagnie petrolifere che rifiutano una nuova matrice energetica, ed è per questo che ha negato gli accordi di Parigi. Biden ha ipotizzato e, nel suo piano, punta, verso una nuova matrice energetica, supportata anche da un settore petrolifero che su questa accetta e investe, ma inizia ad avere conflitti con il settore petrolifero legato al «fracking» negli Stati Uniti.
Non esiste una strategia imperialista per un vero cambiamento ecologico. In questo ambito non ci sono «interessi ecologici», ma ci sono interessi capitalistici che nascono da investimenti in aree diverse, mascherati dalle ideologie. Tuttavia, non c'è motivo di ignorare le crisi inter-borghesi che sorgono a causa delle imposizioni della realtà.
Ci sono già segnali di una forte espansione dei progetti di auto elettriche. Lo scorso novembre, in Inghilterra, Boris Johnson ha approvato una legge che proibirà la vendita di auto nuove alimentate a benzina o diesel a partire dal 2030.
La tecnologia 5G e le industrie 4.0 fanno già parte dei piani dei governi e dei settori della borghesia per i prossimi anni.
A poco a poco, nuove abitudini di consumo si trasformano in bisogni dell'umanità e si generalizzano. Oggi gli smartphone fanno parte della vita quotidiana delle persone di tutto il mondo, determinando nuovi modelli non solo di comunicazione ma anche di consumo, sebbene non vengano raggiunti i settori più impoveriti come invece accade per la classe media.
Molti giovani non vogliono più comprare l’auto, uno dei sogni dei consumatori delle generazioni passate. Il consumo di cibo acquistato online si è diffuso con la pandemia, ha ridotto il pubblico nei ristoranti e ha creato una gigantesca flotta di trasportatori di prodotti alimentari su moto e biciclette, con lavoratori in genere con salari molto bassi.
I nuovi lavori precari non hanno ferie, bonus natalizi, pensione. Nelle grandi fabbriche ci sono legioni di lavoratori in outsourcing (appalti esterni) che si mescolano con i lavoratori assunti. Nel settore dei servizi, estesi a quasi tutte le realtà, questo è già il caso. È il cosiddetto fenomeno di «uberizzazione». Se lavori, mangi, altrimenti muori di fame. Un enorme esercito di riserva di operai va alla ricerca di un nuovo lavoro avente queste stesse caratteristiche ... o anche peggio.
Tutti questi dati di realtà sono già in grande espansione, ancor più grande dopo la pandemia e la recessione. Possiamo caratterizzarli come segnali della barbarie capitalista che si sta diffondendo.
Le basi per un nuovo ciclo di espansione capitalista sono quindi già presenti? Non ancora. Il saggio di profitto e l'instabilità politica non consentono ancora alla borghesia di poter imporre queste nuove tecnologie e queste condizioni ai lavoratori su larga scala, nei nuovi impianti di produzione in tutto il mondo.
La borghesia non specula perché trattasi di una «borghesia speculatrice cattiva» in contrapposizione alla «borghesia buona e produttiva». Sono gli stessi settori della borghesia che decidono di investire in modo produttivo o di speculare, attraverso i grandi fondi che dominano il pianeta. E se oggi decidono soprattutto di speculare, è perché il saggio di profitto nella produzione è ancora basso. La crisi tra i diversi settori del capitale, vecchio e nuovo, non è ancora risolta. Il conflitto tra Stati Uniti e Cina tende ad aumentare.
Ma una evoluzione possibile è che questa lenta ripresa dell'economia continui con l'approfondimento degli attacchi ai lavoratori e si creino le condizioni per investimenti settoriali in alcuni impianti, sulla base degli elementi di barbarie già esistenti.
L'elemento più importante che peserà in questo settore dell'economia è la lotta di classe. L'instabilità politica, gli scontri tra rivoluzione e controrivoluzione aumenteranno, come conseguenza di questi violentissimi attacchi ai salari e ai diritti dei lavoratori.
Non a caso l'ascesa (della lotta di classe, ndt) ha raggiunto Paesi imperialisti come gli Usa, con le lotte dopo l'assassinio di George Floyd, e ha raggiunto diversi Paesi dal Myanmar ad Haiti e al Cile. Nonostante questa dinamica, è evidente che le risposte dei lavoratori di tutto il mondo sono molto indietro rispetto alla portata degli attacchi compiuti. In molti paesi, gli elementi paralizzanti della pandemia pesano ancora sui lavoratori, per la paura del contagio, delle morti e della lotta per la sopravvivenza, oltre al freno delle direzioni riformiste.
La borghesia ha bisogno di sconfiggere le lotte dei lavoratori per imporre la stabilità necessaria per creare condizioni di investimento a lungo termine per lo sviluppo di nuovi impianti industriali.
I lavoratori hanno bisogno di sconfiggere i piani borghesi per evitare l'estensione della barbarie. La scelta tra socialismo o barbarie è molto forte e influenzerà in modo decisivo le tendenze dell'economia mondiale.
[traduzione dallo spagnolo a cura di Salvatore de Lorenzo]