Su un possibile governo di Syriza
La posizione degli opportunisti e quella dei rivoluzionari
di Eduardo Almeida (*)
La vittoria di Syriza alle
elezioni per il parlamento europeo apre la possibilità reale che questo partito
arrivi al governo di quel Paese alle prossime elezioni.
Pedro Fuentes, responsabile relazioni internazionali del Psol [partito
brasiliano, ndt] e uno dei dirigenti più importanti del Mes [corrente interna
di questo partito, legata al Segretariato Unificato, l'organizzazione che ha
come riferimento in Italia Sinistra Anticapitalista di Turigliatto, ndt], ha
pubblicato alcuni giorni fa, il testo “Se Syriza vince le elezioni, cosa
comporta questo riguardo la questione del potere?”; nel quale afferma che un
possibile governo Syriza in Grecia sarebbe un governo operaio, e che la
partecipazione ad esso sarebbe in accordo con i criteri definiti dalla Terza
Internazionale.
Non siamo d'accordo. Ma è vero che la combinazione di crisi economica, ascesa
delle lotte delle masse, crisi della socialdemocrazia, sta aprendo la
possibilità che per la prima volta uno dei cosiddetti “partiti anticapitalisti”
arrivi davvero al governo.
È necessario, quindi, discutere con chiarezza che carattere avrebbe un governo
come questo e quale dovrebbe essere la posizione dei rivoluzionari di
fronte a questo governo.
Affrontare la realtà è parte del metodo marxista
Il testo di Pedro comincia cercando
di mascherare le posizioni difese attualmente da Syriza.
"È evidente che ci sono
importanti settori della sinistra anticapitalista che, ora con Syriza molto
vicina a salire le scale del potere, consumano ore dibattendo sulle
caratterizzazioni per terminare affermando, in modo abbastanza superficiale,
che Syriza ha subito un cambiamento qualitativo ed è già parte del regime. Queste
caratterizzazioni hanno origine nelle dichiarazioni di Tsipras, il quale
dichiara che la Grecia
non uscirà dall'Euro e che sarebbe disposta a negoziare con gli organismi
finanziari internazionali, e/o si basano sull'attitudine presa da Syriza nel senso
di dialogare con personalità che hanno rotto con il Pasok, ma che, all'epoca,
votarono a favore del memorandum, o anche fondate nel fatto che Syriza ha
rifiutato di partecipare alle manifestazioni di protesta contro le celebrazioni
per l'inizio del semestre della Grecia di presidenza dell'Unione europea".
Negare la realtà non è una buona metodologia per nessun tipo di analisi, ancor
meno per il marxismo. Da quando Syriza concorse alle elezioni del 2012, aprendo
la possibilità di arrivare al governo per via elettorale, si dedicò
principalmente a dimostrare alla borghesia europea la sua “affidabilità”.
Si tratta di un modo di fare conosciuto dai brasiliani, simile a quello seguito
da Lula con la “Lettera ai brasiliani” in cui assicurava il capitale finanziario
che, con la sua vittoria, nulla sarebbe cambiato nella politica economica.
Contrariamente a quanto dice Pedro, non si tratta di “alcune dichiarazioni” di
Tsipras ma dell'essenza della posizione di questa organizzazione, per evitare
una reazione della borghesia.
Questa posizione di Pedro sarebbe simile a una sottovalutazione della “Lettera”
di Lula nel 2002. Un errore catastrofico, nella misura in cui quella lettera è
stato il marchio di fabbrica di tutti i governi del Pt succedutisi finora.
Non si può comparare la situazione di crisi economica e politica greca con
quella brasiliana dei primi governi Lula, o Syriza con il Pt. Ma si può
dire che la posizione politica di Tsipras è simile a quella di Lula nel 2002, e
che questo illustra quale è il progetto strategico di Syriza.
Syriza si
appresta a lottare per il potere?
Pedro Fuentes pone una questione
fondamentale: "Bisogna chiedersi, quindi, se l'emergere di un'alternativa
di potere di sinistra fuori del regime, che esprime una rottura con esso, è un
percorso bloccato nel prossimo periodo. Sembra di no. Al contrario, la disputa
che si verifica in Grecia dimostra che questa ipotesi è aperta".
Pedro afferma che Syriza può arrivare al potere in Grecia. È così? Il marxismo
fa una chiara distinzione tra l'arrivare al governo e la presa del potere. Il
potere è definito dal potere dello Stato, che ha come suo nucleo centrale le
forze armate.
Lo Stato borghese è la base
del dominio di classe della borghesia, per il controllo che le classi dominanti
mantengono sull'economia e sulla società nel suo complesso. Il governo è una
parte fondamentale delle istituzioni politiche dello Stato ma non definisce il
centro del potere, che è basato sul controllo delle forze armate. Arrivare al
governo senza prendere il potere, senza distruggere lo Stato borghese,
significa servire e amministrare questo Stato per la borghesia. Questo governo
passa ad avere un carattere di classe borghese, per il tipo di Stato che questo
governo amministra, per la classe borghese che controlla lo Stato. Questo è
stato il ruolo della socialdemocrazia europea, così come del Pt in Brasile.
O può essere che l'obiettivo di un possibile governo Syriza sia distruggere lo
Stato borghese. È forse vero che Syriza si appresta a prendere il potere,
distruggere lo Stato borghese e fare una rivoluzione? Tsipras, che è un leader
riformista con una certa coerenza, prenderebbe questa come una calunnia di
coloro che sono interessati a che il suo partito perda voti in Grecia.
Può essere che Pedro Fuentes abbia lasciato da parte questo abc del marxismo
della differenziazione fra il governo e il potere dello Stato. Ma questo è un
errore grave.
Nel passato, correnti riformiste risolvevano questo dilemma sostenendo la “via
elettorale al socialismo”, la strategia parlamentare riformista che puntava a
una riforma progressiva dello Stato borghese per via elettorale. Secondo questa
visione, bastava accumulare voti affinché fosse assicurata in futuro una via
pacifica al socialismo. Questa è stata la base di tragedie come la sconfitta di
Allende in Cile e innumerevoli altri disastri. La borghesia userà sempre il suo
controllo delle forze armate –il potere dello Stato– per mantenere il suo
dominio economico.
Dalla fine del secolo scorso –e in maniera generalizzata dalla restaurazione
del capitalismo nell'Est europeo– la socialdemocrazia europea e i partiti
riformisti nel loro insieme hanno abbassato chiaramente il loro orizzonte
strategico. Hanno abbandonato una volta per tutte ogni prospettiva di porre
fine allo Stato borghese e raggiungere il socialismo. Sono passati al binomio
riforme all'interno del capitalismo + democrazia borghese. Ossia, non si
propongono di distruggere lo Stato. La strategia è chiara: arrivare al governo
per via elettorale e amministrare lo Stato borghese.
Questa è anche la strategia di Syriza. Vincere le elezioni e fare, dal governo,
riforme all'interno del capitalismo e dello Stato borghese.
E qual è la strategia di Pedro e del Mes? È la “via elettorale per il
socialismo”? È la stessa di Syriza, di arrivare al governo amministrando lo
Stato borghese?
I criteri
della Terza Internazionale legittimerebbero la partecipazione in un possibile
governo Syriza?
È interessante notare come le
posizioni del Mes siano sempre presentate come “attualizzazioni” del marxismo.
Il revisionismo è una maniera di assumere posizioni riformiste senza dirlo
chiaramente, coprendo le proprie posizioni rivendicando Marx, Lenin e Trotsky.
Pedro Fuentes giustifica l'appoggio e la partecipazione in un eventuale governo
Syriza a partire dalle definizioni della Terza Internazionale: "Da questo
si possono dedurre due cose: 1) ci sono le condizioni per difendere i governi
antiausterità come nuovi tipi di governi dei lavoratori e contadini o popolari
come quelli che la
Terza Internazionale suggeriva; 2) la composizione di questi
governi e la rappresentanza dei lavoratori negli stessi hanno possibilità di
assumere differenti forme, che non sappiamo esattamente quali possano essere,
sebbene tutte queste escludano dall'inizio i vecchi partiti borghesi europei e
la vecchia socialdemocrazia. Nelle risoluzioni del suo IV Congresso, la Terza Internazionale
(la migliore scuola di strategia e tattica rivoluzionaria) tracciò concetti
fondamentali circa l'atteggiamento dei comunisti di fronte ad un governo di
organizzazioni operaie e contadine che non fosse sotto la direzione di un
partito rivoluzionario. Erano a favore del partecipare ad un governo operaio e
contadino (ora sarebbe un governo operaio e popolare) come una continuazione
della politica di fronte unico operaio con tali organizzazioni. Stabilivano
come condizione che i suoi rappresentanti stessero sotto la disciplina del
partito e dell'Internazionale. Fatte salve le dovute proporzioni, questo
sarebbe un governo di Syriza e, pertanto, la sinistra rivoluzionaria dovrebbe
farne parte".
Il revisionismo sfrutta la
mancanza di conoscenza storica dei nuovi attivisti per dare una legittimità
marxista alle sue posizioni riformiste. Per questo, si appoggiano su qualsiasi
citazione fuori contesto di uno qualsiasi dei nostri maestri per deturparne le
posizioni.
La Terza
Internazionale, nella sua discussione sui governi operai nel
IV Congresso, cercava in primo luogo di contrastare la partecipazione a governi
socialdemocratici borghesi. Basta leggere la risoluzione nel suo complesso per
intendere questo chiaro concetto: "Contro la coalizione aperta o
mascherata tra la borghesia e la socialdemocrazia, i comunisti oppongono il
fronte unico di tutti gli operai e la coalizione politica ed economica di tutti
i partiti operai contro il potere borghese, per la sconfitta definitiva di
quest'ultimo. Nella lotta comune degli operai contro la borghesia,
tutto il potere dello Stato dovrà passare nelle mani del governo
operaio e le posizioni della classe operaia saranno in questo modo rafforzate.
Il programma più elementare di un governo operaio deve consistere nell'armare
il proletariato, nel disarmare le organizzazioni borghesi controrivoluzionarie,
nell'instaurare il controllo della produzione e fare ricadere sui ricchi il maggior
peso delle imposte, e nel distruggere la resistenza della borghesia
controrivoluzionaria".
La risoluzione della Terza mette in guardia contro i falsi “governi operai”, portando come esempi i “governi operai liberali e socialdemocratici”: "I primi due tipi di governi operai non sono governi operai rivoluzionari, bensì governi camuffati di coalizione tra la borghesia e i dirigenti operai controrivoluzionari. Questi 'governi operai' sono tollerati nei periodi critici di fragilità della borghesia per ingannare il proletariato sul vero carattere di classe dello Stato o per ritardare l'attacco rivoluzionario del proletariato e guadagnare tempo, con l'aiuto dei dirigenti operai corrotti. I comunisti non dovranno partecipare a simili governi. Al contrario, smaschereranno impietosamente davanti alle masse il vero carattere di questi falsi 'governi operai'".
Nonostante ciò, la Terza afferma che: "In
determinate circostanze, i comunisti devono dichiararsi disposti a formare un
governo con partiti e organizzazioni operaie non comuniste. Tuttavia, possono
farlo solo se possono contare su garanzie sufficienti che questi governi operai
portino fino in fondo realmente la lotta contro la borghesia nel senso sopra
indicato”.
Il “senso sopra indicato” include la distruzione dello Stato borghese, il
passaggio di tutto l'apparato dello Stato sotto il controllo operaio,
l'armamento del proletariato, l'instaurazione del controllo della produzione e
la distruzione della resistenza controrivoluzionaria della borghesia.
Ossia, la Terza
Internazionale sta parlando di governi operai fondati sulle
mobilitazioni rivoluzionarie nel corso della distruzione dello Stato borghese.
In questo caso, un'organizzazione rivoluzionaria potrebbe discutere –secondo la Terza Internazionale–
la sua partecipazione o meno al governo.
Questo potrebbe essere stato il caso, per esempio, della rivoluzione boliviana
del 1952, quando le milizie della Central Obrera Boliviana (Cob) affrontarono e
distrussero le forze armate borghesi. La direzione riformista della Cob si
rifiutò di prendere il potere, appoggiando il nazionalismo borghese del Mnr.
Nel caso in cui si fosse data un'altra situazione, nella quale Lechin
(direzione della Cob) fosse stato disposto a prendere il potere, i
rivoluzionari avrebbero potuto discutere –secondo la Terza– la possibilità di
partecipare al governo. Anche in questo caso, la Terza avrebbe preteso che
ciò fosse approvato dalla direzione dell'Internazionale, appunto per evitare
errori enormi.
Si tratta di una discussione interessante, che provoca polemiche nella sinistra
rivoluzionaria da decenni. Ma... cosa ha a che vedere tutto questo con la
possibilità che Syriza vinca le elezioni in Grecia?
Che Pedro Fuentes difenda la partecipazione a un governo borghese in Grecia è
comprensibile. In definitiva, appartiene alla stessa corrente che difese la
stessa posizione in Venezuela. Ma difendere ciò appoggiandosi sulle risoluzioni
della Terza Internazionale supera ogni limite.
Per completare l'inganno, il Mes estende la caratterizzazione “governo operaio”
nella definizione della Terza Internazionale fino ad includervi il “governo
antiausterità”. Ossia, si lascia da parte l'ipotesi della Terza di un governo
operaio fondato su mobilitazioni rivoluzionarie che stiano distruggendo lo
Stato borghese, per quella di un governo parlamentare all'interno dello Stato
borghese, con un programma “antiausterità”.
Ora, un serio programma antiausterità in un Paese dominato come la Grecia di oggi potrebbe
avere solo un contenuto di rottura con l'euro e con l'Unione Europea. Non si
può riprendere la crescita economica e l'aumento del reddito dei lavoratori
mantenendo il dominio del capitale finanziario che asfissia il Paese. La
rottura con l'Ue e l'euro potrebbe realmente prendere un corso anticapitalista
se fosse messa in pratica.
Ma questo è esattamente quello che Syriza non vuole fare. Tsipras respinge il
piano di austerità imposto dall'Unione Europea ma difende la permanenza della
Grecia nell'Unione Europea e nella zona euro. Non dice come ciò potrebbe
realizzarsi, perché le promesse elettorali non hanno bisogno di coerenza.
Tantomeno Pedro Fuentes esige chiarezza su questo piano “antiausterità”. Evita
accuratamente di specificare la relazione tra questo piano e la permanenza
nell'euro e nell'Unione Europea, per non smascherare la politica di Syriza.
Questo atteggiamento legittima la partecipazione in un governo borghese
“antiausterità”, come potrebbe essere il governo Syriza. Ma questo non ha nulla
a che vedere con le posizioni della Terza Internazionale.
Vediamo
l'esempio del Venezuela
Pedro indica la possibilità che
l'arrivo di Syriza al governo avvii un processo di rottura con il capitalismo:
"Nel frattempo, non si può escludere che un governo di Syriza faccia sì
che la Grecia
abbia la forza di imporre nuove condizioni, se ci saranno mobilitazioni e
solidarietà continentale con il popolo greco. Questa ipotesi deve essere posta
e discussa in altra maniera nella sinistra. Prendendo un precedente
latinoamericano come esempio, in Venezuela, il governo di Chavez, dopo alti e
bassi (che includettero molte negoziazioni con la borghesia), finì per
approvare nel 2002 le 'Leggi Abilitanti' e prendendo la gestione del Pdvsa, il
che significò la nazionalizzazione del petrolio, il fatto più rilevante
all'inizio del processo di rottura che fece sì che il Venezuela avesse margini
di indipendenza politica ed economica e, così, sorgesse la Alba. (vale la pena
ricordare che la sinistra che non stava da questa parte, con l'argomento che
Chavez non era anticapitalista, ha finito per fare il gioco della destra
diventando una setta)."
L'esempio venezuelano dovrebbe essere preso con più cura da Pedro Fuentes. Il
Mes ha commesso un errore molto grave di fronte al chavismo, che ora ripete nei
confronti di Syriza. In realtà, fa il giocoliere con i concetti per
giustificare il suo appoggio politico a queste organizzazioni con influenza di
massa.
Nel 2008, caratterizzarono il governo chavista come “nazionalismo
piccolo-borghese”, giustificando il loro sostegno al governo nazionalista borghese.
Fecero una confusione tra l'origine di classe del governante –in quel caso,
Chavez era un colonnello delle Forze Armate venezuelane, piccolo-borghese– con
il carattere di classe del governo. Con questo criterio, il governo Lula
avrebbe dovuto essere caratterizzato come un governo operaio.
Il carattere di classe di un governo è determinato dalla risposta a una
semplice domanda: a quale classe risponde il governo? Se il governo serve
alla borghesia –o a un settore della borghesia– per amministrare lo Stato
borghese e la manutenzione del capitalismo, si tratta di un governo borghese.
Il caso del chavismo è un chiaro esempio di creazione di una nuova borghesia
(la cosiddetta “boliborghesia”, borghesia bolivariana, ndt) a partire
dell'amministrazione dello Stato. Diosdado Cabello, per esempio, è oggi uno dei
maggiori borghesi del Venezuela. Si tratta di un movimento e e di un governo
nazionalista borghese, simile al peronismo argentino.
Il Mes ha fatto parte della maggioranza della sinistra latinoamericana (praticamente
l'insieme del Psol, il Pc, il PcdoB e il Pt), che ha sostenuto il chavismo. In
un testo del 2008, il Mes attribuiva a Chavez il merito dell'intero processo
delle lotte: "È un errore credere che Chavez ha assunto decisioni come
conseguenza della pressione permanente del movimento di massa, come se Chavez
fosse un Kerensky venezuelano. Secondo questa opinione, Chavez adotta tali
misure come una manovra reazionaria per frenare l'ascesa delle masse. In
realtà, Chavez è la direzione del processo reale che esiste. Senza Chavez non
ci sarebbe il processo in corso".
Poi, mette in dubbio il carattere borghese dello Stato: "Possiamo definire
lo Stato come borghese, giacché non ha espropriato la borghesia. Tuttavia, dire
solamente questo non è sufficiente, nella misura in cui la borghesia come
classe non domina lo Stato. Il bonapartismo, secondo Moreno, è un tipo di Stato
borghese sui generis. Noi aggiungiamo borghese molto sui generis".
La polemica sulla questione venezuelana non si limita alla nazionalizzazione
del petrolio. È molto più seria, comporta la capitolazione della maggioranza
della sinistra latinoamericana al chavismo, con gravi conseguenze, come
vedremo.
Non si può semplificare grossolanamente, come fa Pedro, dicendo che quelle
organizzazioni che avevano posizioni diverse dalle sue “diventarono sette”. La
nazionalizzazione del petrolio fu progressista ma ultra limitata, dato che
consegnò alle multinazionali una parte considerevole del petrolio
venezuelano.
Non c'è stata in Venezuela nessuna rottura né con il capitalismo né con
l'imperialismo. Lo Stato venezuelano continua ad essere borghese, le
multinazionali continuano a sfruttare petrolio nel Paese. Il governo chavista
continua ad essere il più grande fornitore di petrolio degli Stati Uniti, il
che ha continuato ad essere garantito anche durante l'invasione statunitense
dell'Iraq. Le banche venezuelane associate alle banche imperialiste continuano
ad ottenere ancora enormi profitti nel Paese. La retorica antimperialista del
governo chavista non può essere confusa con una rottura con l'imperialismo.
Il Mes, poco tempo fa, si allontanò silenziosamente dal chavismo senza alcuna
autocritica, nessuna spiegazione del cambiamento di rotta. Ma prendere
l'esempio venezuelano per indicare la possibilità di una rottura con il
capitalismo da parte di Syriza indica già un abbassamento dell'orizzonte della
“rottura”. Secondo Pedro: "Per questo, è lecito considerare che tutte le
misure economiche contro l'austerità e gli aggiustamenti (reali e oggettive),
conducano ad una rottura con gli stessi e aprano le porte per un processo di
transizione anticapitalista".
Ossia, la Grecia
sotto un governo Syriza va per la forza della realtà oggettiva direttamente
verso un processo di transizione anticapitalista. Non esistono le forze
politiche della borghesia, dei mass-media, del riformismo di Syriza.
Questa è una visione oggettivista, che porta ad una capitolazione diretta a
Syriza, nella misura in cui la realtà va “oggettivamente” verso una transizione
anticapitalista.
Niente di tutto questo è vero. Un possibile governo Syriza in Grecia sarà un
governo borghese. Syriza è una organizzazione piccolo-borghese, con una
direzione e un programma riformisti, che non si pone nessun compito di rottura
con il capitalismo.
Il ritorno della
tesi del “governo in disputa”
Pedro Fuentes non solo difende la
partecipazione in un possibile governo Syriza. Difende altresì una politica
generale di “disputa” di tale governo.
"Deve inoltre essere presentata la questione di un governo di Syriza nei
termini del se si debba o no partecipare allo stesso. Chi già ha fatto propria
la caratterizzazione secondo la quale Syriza ha capitolato, ovviamente sarebbe
contrario alla partecipazione. In ogni caso, un fenomeno nuovo come questo
genererebbe molti dubbi. Tutti i partiti ampi sono soggetti alle pressioni
delle classi. Pressioni della borghesia, delle classi medie e dei lavoratori.
Per ciò stesso, come in tutti i processi, ci sono tendenze e dispute. Syriza è
un partito che logicamente soffre queste pressioni e , per ciò stesso, è un
processo aperto in disputa. Così sarebbe anche un governo di Syriza, che
sarebbe soggetto a molteplici pressioni e, in particolare, dei grandi
capitalisti, che possono utilizzare la politica del bastone e della carota con
un governo di questo tipo".
Questa politica del “governo in disputa” [governi che si pretende sarebbero
neutri da un punto di vista di classe, ndt] non è una novità. Hanno difeso la
stessa posizione in relazione al governo Chavez nel 2008.
Si tratta di una politica ben conosciuta in Brasile. La sinistra del Pt e il
Mst hanno considerato e considerano i governi di Lula e Dilma come “governi in
disputa”. Non hanno inventato nulla di nuovo. Si tratta della stessa ideologia
dello stalinismo di fronte ai governi borghesi “progressisti”.
La logica è semplice: siccome questi governi sono popolari, rimaniamo con loro.
Ma per la verità, questa non è una opzione per le masse bensì per i governi.
Anche quando un governo borghese ha ancora l'appoggio di massa è necessario saper
stare in minoranza. I bolscevichi fecero questo nel 1917, contro il governo
provvisorio, spiegando pazientemente alle masse che quello non era “il loro
governo”, come esse pensavano. In quanto seppero essere minoranza poterono
trasformarsi in maggioranza quando le condizioni oggettive cambiarono.
I risultati della politica del “governo in disputa” sono disastrosi: la
sinistra del Pt praticamente è scomparsa e il Mst ha perso molto del suo peso
sociale e politico.
Quando questa posizione del “governo in disputa” è egemone a sinistra, la
conseguenza è gravissima. I chavisti affermano che una posizione a sinistra del
governo “fa il gioco della destra”. Pedro Fuentes suggerisce lo stesso quando
dice che "la sinistra che non era da questa parte, con l'argomento che
Chavez non era anticapitalista, ha finito per fare il gioco della destra
diventando una setta".
Si può verificare l'errore di questi chavisti nella situazione venezuelana di
oggi. Esiste una polarizzazione tra la destra pro-imperialista e un governo
nazionalista borghese decadente e repressivo. Non esiste alcuna alternativa
indipendente dei lavoratori come, nonostante tutti i limiti e le debolezze,
comincia a esistere in Brasile.
Essere una opposizione di sinistra indipendente significa cercare di costruire
un campo dei lavoratori indipendente dai due blocchi borghesi. Questo è
imprescindibile in Venezuela perché altrimenti tutti coloro i quali sono
indignati dalla crisi economica del Paese e dalla corruzione del governo
avranno come unica opzione l'opposizione di destra. Chi fa il gioco della
destra?
Questi governi borghesi finiscono per portare il movimento popolare a sconfitte
inevitabili attraverso elezioni o colpi di Stato. E si trascinano insieme ai
gruppi di sinistra che capitolano. Non è rimasto nulla della fortissima
sinistra peronista. Non sta restando nulla della sinistra chavista.
Questa sarebbe la conseguenza anche in Grecia. Scommettere su una politica di
“governo in disputa” per un possibile governo Syriza sottometterebbe tutta la
sinistra alla sorte di questo governo borghese. François Sabado, dirigente del
Npa [partito anch'esso legato al Su che in Italia fa riferimento al gruppo di
Turigliatto, ndt], scrisse un testo dal contenuto molto vicino a quello di
Pedro Fuentes ad aprile 2013. Terminava il suo testo argomentando che questa
sarebbe l'unica politica possibile, perché una sconfitta di Syriza sarebbe
anche una sconfitta “nostra”. In realtà, sarebbe la sconfitta di Syriza e di
tutta la sinistra riformista legata ad essa. Non la sconfitta della sinistra
rivoluzionaria indipendente.
Un
programma e una politica opportunista
Pedro conclude il testo con una
proposta politica: "Ci sembra che tutta la sinistra marxista dovrebbe fare
propria in Grecia la parola d'ordine del governo di Syriza (possibilmente in
una formulazione più completa) come parola d'ordine per il potere per
l'agitazione nella lotta di classe e anche nelle elezioni. Se nelle prossime
elezioni europee Syriza ottiene il primo posto, la parola d'ordine comincia a
farsi più concreta e per l'azione".
Nessuna delle caratterizzazioni da noi sopra definite impedisce che si utilizzi
come politica la rivendicazione di un governo Syriza con un programma
anticapitalista, che includa la rottura con l'euro e l'Unione Europea. Fa parte
dell'arsenale del marxismo rivoluzionario esigere dalle direzioni riformiste
con peso di massa che rompano con la borghesia e applichino un programma dei
lavoratori. Si tratta di una tattica che combina sfide e denunce affinché –nel
caso in cui si dia l'ipotesi più probabile che queste direzioni non rompano con
la borghesia– le masse traggano le dovute conclusioni dalle politiche di queste
direzioni.
Ma esiste un abisso tra questa politica, legittima tra rivoluzionari, e la
politica difesa da Pedro Fuentes. Egli conclude il suo testo con la proposta di
un governo Syriza, senza avanzare alcuna proposta circa il programma su cui
dovrebbe basarsi questo governo. Senza una chiara caratterizzazione di ciò che
invece significherebbe un governo Syriza senza un programma
anticapitalista. Ecco allora che questa politica a favore di un “governo
Syriza” è chiaramente una posizione opportunista. È una politica riformista per
un governo riformista. Ossia, una discussione tra riformisti.
Non è il nostro caso.
(*) Lit-Quarta Internazionale.
Si tratta di un articolo di alcuni mesi fa, già pubblicato su questo sito ma che, alla vigilia delle elezioni in Grecia, ci pare utile ripubblicare.
(traduzione dallo spagnolo di Giovanni “Ivan” Alberotanza)






















