Philippe, ci giungono immagini di grandi manifestazioni in Francia, con scontri anche pesanti tra manifestanti e polizia. Si tratta di una ripresa della protesta di massa? Puoi raccontarci quello che sta succedendo?
Da circa tre settimane ha avuto inizio un movimento di protesta contro la cosiddetta legge di sicurezza generale, che è in discussione nel parlamento francese. Si tratta di una legge liberticida in molti aspetti, e non solo per l’articolo 24 che è quello più noto e il più contestato, quello di cui più si parla sulla stampa e in generale sui mass-media (l’articolo che vieta la pubblicazione di foto e video con i volti di poliziotti, ndr). Le primissime manifestazioni contro questa legge ebbero pochi partecipanti, ma a poco a poco si sono ampliate. A fine novembre c’è stato un salto qualitativo nella protesta.
Alcuni fatti, avvenuti proprio mentre la legge era in discussione in parlamento, hanno contribuito a incendiare la protesta. Questa legge è sostenuta dal governo (e dalla sua maggioranza parlamentare) e anche dalla destra: i deputati del Rassemblement National della Le Pen sono a favore di questa legge.
Mentre era in corso la discussione in parlamento, lunedì 24 novembre c’è stato un intervento brutale e violento della polizia a Parigi. È necessario precisare che il capo della polizia parigina (il prefetto di Parigi) è un personaggio molto pericoloso, un estremista di destra, paragonabile per alcuni aspetti a un gerarca nazista. Sistematicamente protegge i poliziotti più violenti, utilizza spesso un linguaggio provocatorio e usa il pugno di ferro nei confronti delle proteste. Nella notte tra il 23 e il 24 novembre ha ordinato lo sgombero violento di un accampamento di immigrati in Piazza della Repubblica a Parigi: si trattava di immigrati senza permesso di soggiorno che erano stati cacciati da alcuni centri nella periferia parigina e che, sostenuti da alcune associazioni umanitarie, si erano accampati in una delle piazze centrali di Parigi in segno di protesta. La polizia li ha sgomberati con brutalità, una brutalità gratuita e immotivata, visto che si trattava di persone inermi. I poliziotti hanno colpito duramente anche gli attivisti delle associazioni umanitarie.
Le immagini di tanta brutalità sono state diffuse sui social, provocando uno shock generale. Contemporaneamente, si stava appunto discutendo la legge sulla sicurezza. Dopo due giorni c’è stato un altro fatto che ha scosso le coscienze: sono state pubblicate, sempre sui social, delle immagini di violenza poliziesca gratuita nei confronti di un uomo che aveva come unico “difetto” quello di essere di pelle nera! Lo hanno incontrato per strada e poi inseguito e malmenato nel suo studio dove si era rifugiato. Si tratta di un produttore musicale di nome Michel Zecler. Lo hanno colpito violentemente sulla testa e tutto questo è stato filmato dalle telecamere collocate sulla strada e anche da alcuni vicini. Si vedono nei video circa 15 minuti di violenza gratuita contro un uomo che non ha fatto assolutamente nulla! È emerso anche chiaramente che si trattava di un gesto razzista, visto che la polizia, mentre lo colpiva, lo chiamava «sporco negro» e cose del genere. La polizia ha poi rilasciato delle dichiarazioni palesemente false, affermando che era stato lui ad aggredire la polizia.
Tutto questo ha contribuito a dare impulso a un’ondata di manifestazioni in tutta la Francia: sabato 28 novembre le principali città francesi sono state attraversate da grandi cortei. Piazza della Repubblica a Parigi era strapiena di manifestanti, si parla di decine di migliaia di manifestanti solamente a Parigi! In migliaia sono scesi in piazza anche nelle altre città della Francia. Persino lo stesso Macron ha dovuto fare un passo indietro ammettendo che gli atti della polizia erano stati brutali: un fatto nuovo, visto che fino ad oggi il governo francese ha sempre negato la violenza della polizia.
Un aspetto positivo di questa protesta è stato, all’inizio, il carattere unitario della stessa: sono scese in piazza unite tutte le organizzazioni - sindacali e politiche - della sinistra di classe, così come tutti i movimenti antirazzisti, quelli a difesa dei diritti civili, ecc. Sabato 5 dicembre ci sono state altre manifestazioni, anche se non così partecipate come quelle del 28 novembre. Probabilmente la minore partecipazione si spiega col fatto che nei giorni 4 e 5 dicembre ci sono state diverse manifestazioni divise e su temi differenti. Più in generale diciamo che non si è ricreato quel fronte unico tra tutte le organizzazioni politiche e sindacali di sinistra che abbiamo visto il 28 novembre.
Esistono anche scioperi nel Paese oppure per il momento si tratta essenzialmente di mobilitazioni di piazza?
Questo è in realtà il principale problema che riscontriamo in Francia. La verità è che in questo momento nel Paese ci sono pochi scioperi. Ciò non deve stupire: nel processo di sviluppo della mobilitazione ci sono momenti di ascesa e momenti di riflusso. L’inizio del 2020 è stato caratterizzato da un picco delle lotte e degli scioperi.(1) Poi è arrivato il coronavirus, che, anche per l’isolamento sociale, è stato accompagnato da una smobilitazione delle lotte. All’inizio dell’estate ci sono state alcune manifestazioni e alcune lotte, però essenzialmente solo sul terreno dell’antirazzismo, in solidarietà con le lotte negli Stati Uniti. Durante l’estate non ci sono state mobilitazioni, come del resto sempre accade in Francia nei mesi estivi. A settembre la situazione è rimasta abbastanza passiva, con pochissime mobilitazioni.
Adesso possiamo dire che viviamo in Francia un momento in cui sta emergendo e riesplodendo la rabbia delle masse popolari. Queste mobilitazioni ne sono l’esempio.
Si tratta di mobilitazioni essenzialmente contro la violenza poliziesca e non si combinano per ora con una ripresa degli scioperi su larga scala. Ci sono scioperi ma sono isolati e frammentati. Ci sono, ad esempio, vertenze in corso nel settore del trasporto aereo, così come ci sono scioperi nel settore educativo e nella sanità, ma per ora sono lotte isolate. I militanti e gli attivisti stanno cercando di promuovere una «rete di resistenza» contro i licenziamenti di massa.
Nonostante le caterve di denaro che Macron ha dato ai padroni, ci sono molte persone che stanno perdendo il posto di lavoro in tanti settori lavorativi: nell’industria automobilistica, nel settore aereo, nel commercio, nel turismo, ecc. Ci sono tante esperienze di resistenza, soprattutto tentativi di promuovere una resistenza generalizzata attraverso coordinamenti di lotta. Credo che sia improbabile che si arrivi, almeno per ora, alla proclamazione da parte delle organizzazioni sindacali di uno sciopero contro la legge sulla sicurezza. Questo perché le burocrazie sindacali evitano sempre fino all’ultimo di proclamare «scioperi politici».
Credo sarà necessario aspettare ancora un po’ prima di poter assistere di nuovo ad azioni di sciopero come quelle del recente passato: occorre organizzare una resistenza e una direzione delle lotte indipendenti da quella delle grandi burocrazie sindacali. Serve probabilmente ancora un po’ di tempo.
Riassumici un po’ quali sono state le politiche del governo Macron. Secondo te tra i motivi della protesta c’è anche un malcontento popolare nei confronti di queste politiche?
Indubbiamente esiste un legame tra le proteste e le politiche del governo. C’è molto malcontento nei confronti della politica di Macron. Ma uno dei limiti delle manifestazioni del 28 novembre e del 5 dicembre sta nel fatto che non si sono unite ad altre vertenze. Ad esempio, il 28 novembre in alcune città si è riusciti a creare una mobilitazione unica, unificando le lotte a difesa della sanità pubblica e dell’istruzione con quelle contro la legge sulla sicurezza. Ma in altre situazioni, soprattutto il 5 dicembre, le lotte sono rimaste isolate: ad esempio sabato scorso a Tolosa ci sono state ben tre manifestazioni differenti e separate, una contro la precarizzazione del lavoro, un’altra contro la legge di sicurezza e un’altra sempre contro la precarizzazione ma promossa da altre organizzazioni. Lo stesso è avvenuto a Bordeaux: venerdì 4 dicembre si è promossa una manifestazione contro la legge sulla sicurezza, mentre il sabato si è manifestato contro la precarizzazione… Con la crescita esponenziale della disoccupazione e l’inasprirsi della precarietà del lavoro, si pone la necessità di unificare le lotte per il lavoro con quelle contro la repressione.
Il governo, infatti, sta cercando di uscire dalla difficoltà in cui si trova, inasprendo le misure repressive, prendendo a pretesto l’orribile assassinio dell’insegnante ad opera di un estremista islamico.(2) L’esecutivo sta portando avanti una politica espressamente di destra, per cercare di ottenere il consenso elettorale della destra tradizionale. Questo spiega anche l’inasprimento delle politiche razziste, a partire ad esempio da una esacerbazione dell’islamofobia: è stato persino sciolto un collettivo che lottava contro l’islamofobia, con l’accusa infondata di favorire il terrorismo islamico. Era solo un collettivo che cercava di sensibilizzare l’opinione pubblica contro la xenofobia.
Il governo ha regalato miliardi ai capitalisti mentre ha investito pochissimo nella sanità pubblica e ha dato ben poco alle masse popolari. Sono stati regalati miliardi alle imprese, tra l’altro senza nessun vincolo per i capitalisti, che sono liberi di licenziare o chiudere le fabbriche. Si stanno perdendo centinaia di migliaia di posti di lavoro e assistiamo a un’ulteriore precarizzazione dei contratti di lavoro.
Per questo è fondamentale unificare le lotte a difesa del lavoro e della sanità con quelle contro le leggi repressive. Inizia ad essere chiaro ad ampi settori il fatto che la politica repressiva del governo non è altro che l’altra faccia della politica padronale del governo, cioè di una politica fatta di licenziamenti, tagli, dismissione di diritti dei lavoratori, ecc. Si inizia a capire che la repressione è funzionale a difendere gli interessi dei capitalisti.
Il governo come sta reagendo alle proteste? Pensi che la mobilitazione proseguirà?
Il governo è diviso. Con questa legge ha voluto colpire indirettamente tutte le proteste di questi ultimi anni. Si è parlato molto dell’articolo 24, ma non è l’unico articolo pericoloso. Ad esempio la legge autorizza l’utilizzo di droni durante le manifestazioni, per poter controllare e schedare i manifestanti. Vieta inoltre le occupazioni delle università, cioè vieta una delle forme di protesta più diffuse in Francia degli ultimi decenni: quasi tutte le più dure lotte degli ultimi anni hanno avuto inizio con le occupazioni delle università. Proibire le occupazioni delle università ha in Francia un valore simbolico importante. In caso di occupazione delle facoltà gli studenti con questa legge rischiano fino a 3 anni di prigione.
L’articolo 24 impedisce di scattare foto alla polizia durante le manifestazioni o mentre la polizia sta compiendo un’azione repressiva. Questo significa occultare nei fatti i responsabili delle violenze poliziesche, che sono molto diffuse in Francia: sono frequenti gli abusi e gli atti illegali perpetrati dai poliziotti, coperti dalle istituzioni. Ci sono inoltre, come ho già detto, degli aspetti razzisti. Le proteste hanno come principale motivazione l’opposizione contro la violenza della polizia, ma sono anche contro il razzismo.
Ci sono molte associazioni dei diritti umani che hanno criticato Macron per questa legge, ma il governo è intenzionato ad andare avanti. Ora è possibile che si apra una crisi politica. C’è uno scontro tra il ministro degli Interni - che è uno spregevole personaggio di destra (è accusato di aver stuprato due donne) - e altri settori del governo. Ad esempio, alcuni esponenti del governo vorrebbero ritirare l’articolo 24, altri invece, come il ministro degli Interni, lo difendono, altri ancora vorrebbero riscriverlo.
La Camera dei deputati ha votato la legge, ora la discussione passa al Senato, che probabilmente riscriverà l’articolo 24. Vedremo se la mobilitazione continuerà.
È difficile fare previsioni in merito agli sviluppi della protesta. L’unica cosa certa è che per mantenere in piedi la mobilitazione è necessario estendere la lotta a tutta la politica del governo, cioè generalizzare la protesta. (6/12/2020)
Note
(1) Su questo rimandiamo a un altro articolo pubblicato sul nostro sito: https://www.
(2) A ottobre a Parigi un insegnante di storia è stato decapitato da un diciottenne estremista islamico. Aveva fatto una lezione ai suoi alunni mostrando una vignetta su Maometto pubblicata da Charlie Hebdo.