Partito di Alternativa Comunista

Intervista a Ludmila, operaia della Arcelor Mittal a Kryvyi Rih

Intervista a Ludmila, operaia della Arcelor Mittal a Kryvyi Rih

 

 

 

a cura di compagne della Lit-Quarta Internazionale

 

Pubblichiamo questa intervista alla compagna Ludmila, operaia di Arcelor Mittal a Kryvyi Rih e membro del sindacato dei minatori che sta partecipando alla campagna di solidarietà con la resistenza ucraina. Questa intervista è stata realizzata prima che i tagli a luce, gas, acqua e internet peggiorassero e paralizzassero ancora di più la situazione.

 

Florence (Workers’ Voice, Usa): Per noi questa campagna di solidarietà internazionale alla resistenza operaia ucraina è e rimane estremamente importante. Negli Stati Uniti e in molti altri Paesi come Lit-Quarta Internazionale stiamo organizzando raccolte fondi tra settori di lavoratori dell'industria per raccogliere solidarietà diretta con i lavoratori in Ucraina. Puoi parlarci per prima cosa di come la guerra sta colpendo le donne in miniera, sul posto di lavoro?

In questo momento, in fabbrica e in miniera una percentuale molto elevata di donne è sospesa, in cassa integrazione, a casa, percepisce i due terzi nominali del salario. La maggior parte degli uomini è al fronte e la maggior parte delle donne è a casa, a salario ridotto. Nel mio caso sono temporaneamente al lavoro, ma da gennaio a marzo saremo di nuovo sospesi. Ho mia sorella e mio fratello nelle miniere, io sono in fabbrica. In miniera si lavora su otto turni al mese, cioè è un lavoro molto ridotto. E non solo ci sono le sospensioni ma, quando lavoriamo, a causa dei bombardamenti, all'improvviso manca la luce e si spegne tutto, e rimaniamo nelle miniere e nelle fabbriche nel buio più totale. La produzione viene interrotta e si creano situazioni pericolose perché le interruzioni sono imprevedibili. Tutto questo rende molto difficile il lavoro di produzione e mette a rischio la nostra sicurezza.

 

Quando abbiamo fatto la prima carovana solidale che abbiamo promosso con il sindacato, sappiamo che parte dei fondi sono stati utilizzati per acquistare taser per l’autodifesa delle donne. Puoi spiegarci perché è importante che le donne abbiano diritto all'autodifesa e com’è la vita quotidiana delle donne in situazioni di guerra?

Succede questo: le fabbriche sono in territori estesi, e siccome c'è meno gente a causa della guerra, la produzione è quasi ferma e si lavora di notte, con anche un tasso di disoccupazione del 30% della popolazione, dobbiamo fronteggiare una decomposizione sociale e molta criminalità. Siamo in un contesto dove arrivano sfollati da altre città, e sono sconosciuti. Non si sa come, all'improvviso, nel territorio delle fabbriche, di notte, compaiano persone che, ovviamente, compaiono lì dentro per rubare qualcosa, per prelevare qualcosa, lì c'è del metallo, ci sono cose che potrebbero avere un valore per lo smercio al mercato nero, e poi appaiono all'improvviso, dal nulla, e naturalmente questo produce paura e produce una situazione di tensione, da cui la necessità di potersi difendere.
La città dove vivo e lavoro è una città operaia, ma arrivano tante persone di tipo diverso, molto insolenti, o prepotenti, diremmo noi. Ci sono alcuni settori sottoproletari che sono coinvolti in altre attività. Quindi, c'è una situazione che diventa difficile, sconosciuti, persone che hanno un comportamento molto aggressivo e quindi è importante per noi avere i taser.

 

E come vanno le cose nella tua fabbrica e nella miniera? Sappiamo che in Arcelor Mittal ci sono 12 sindacati per 14.000 lavoratori e di quei 12 sindacati ce n'è solo uno indipendente, che difende i lavoratori, che lì ha un numero piccolo di iscritti. Il resto sono sindacati aziendali, sindacati gialli.

Abbiamo una guerra interna con l'azienda, creatasi perché ci mandano a casa sospesi, con due terzi [del salario]. Sai cosa significa? Significa 150 dollari al mese di stipendio, meno 120. Quei 120 dollari rappresentano 5.000 grivnas, capisci? Quindi, questo mette le persone sulla difensiva, e non solo a causa della guerra, ma a causa della guerra con l'azienda, con questo tipo di azienda che giustifica la mancanza di produzione con l'argomento della guerra... Abbiamo almeno 300 colleghi affiliati in fabbrica, che sono in capo all'azienda, poi ci sono i contrattisti, che sono circa altri 150, in totale; per uno stabilimento che ha in capo all'azienda, 9.000, e i restanti, fino a 14.000. In fabbrica e in miniera saranno 400 in tutto. In fabbrica la metà sono donne, cioè su 9.000 in azienda, 4.500 sono donne; nella miniera sono molto meno, più o meno il 10%, stimo. Ma sono 50 e 50 in fabbrica.

 

Puoi parlarci del ruolo che stanno assumendo le donne nella resistenza contro l'invasione russa?

Per quanto riguarda il mio contatto diretto con le compagne volontarie, del mio reparto, cioè della stessa brigata di lavoro, della squadra di lavoro, ho una compagna che si è iscritta come volontaria per andare al fronte, ma ancora non l’hanno chiamata. In generale, succede così. Ho anche visto che non stanno reclutando, nonostante ci siano molte iscritte come volontarie. Ci sono alcune donne nel nostro sindacato al fronte, benché la maggioranza siano uomini. Nel nostro sindacato c’è un 10% di iscritti che sono al fronte.
Le donne si organizzano anche per assicurare il vitto a chi è in trincea, cioè per preparare gli aiuti umanitari con quanto ricevuto. Si preparano a portare al fronte le razioni di alcuni cibi molto apprezzati, come il famoso vareniki, che è il cibo tradizionale e più apprezzato da qualsiasi ucraino, sono molto felici quando un po’ di vareniki arriva in trincea.
Oggi il lavoro delle donne che aiutano il fronte è organizzato in due modi: da quando è iniziato il gran freddo e la gente ha cominciato ad ammalarsi ci sono laboratori nelle città organizzati da aziende o cooperative auto-organizzate per confezionare abiti mimetici per il fronte. Inoltre nelle trincee ci sono persone non ferite ma ammalate, che hanno a che fare più che altro con malattie da perfrigerazione, e stanno inviando medicinali. Le compagne si sono organizzate per raccogliere medicine e inviarle come aiuto umanitario al fronte. E anche negli ospedali dove ci sono i feriti, per accudirli, perché non basta quello che l'ospedale stesso fornisce, come cibo e vestiti per cambiarsi e altro ancora.

 

Erika (Pstu, Brasile): Devo fare una domanda, ma prima voglio esprimere la mia solidarietà a Ludmila. È molto triste sapere che vi trovate nel mezzo di una guerra, di un'invasione come questa, e quale sofferenza dev’essere per l'intera popolazione e soprattutto per le donne. Sappiamo che nella quotidianità c'è sempre la questione del doppio lavoro, il sovraccarico domestico delle donne. Come si intensifica nel contesto della guerra? Quali sono le conseguenze della guerra per le donne dal punto di vista della cura della famiglia, della cura dei figli, se funzionano ancora i servizi, gli asili, le scuole?

Per quanto riguarda la questione dei bambini, gli aiuti umanitari dei convogli che avete inviato includevano i «Pampers» – pannolini monouso, una nota marca di pannolini usa e getta – perché qui non ce n'erano, mancano. E noi, membri del sindacato, li abbiamo distribuiti e le compagne molto riconoscenti ci hanno detto: Bene, quanto ti devo, quanto è? No, niente, è l'aiuto solidale di altri colleghi! Oh! [rispondono], sorprese che qualcosa possa essere gratuito in questa situazione in cui fanno pagare tutto, anche le uniformi dei soldati. Ci sono anche affari di guerra. E così, il sindacato, con questo aiuto, ha dimostrato di essere utile per il bisogno delle madri che hanno bambini. Spaziba, spaziba (grazie, grazie), mia cara!, dicono. Tutte le compagne inviano a voi, a tutti coloro che hanno organizzato il convoglio, un enorme grazie, molto grande, dalle compagne di base che sono qui. Io, per esempio, ho mia madre inferma e ho ricevuto una piccola quantità di aiuti umanitari che hanno distribuito dalla città. Ora la situazione si fa molto più pesante perché con i bombardamenti interrompono l'acqua ogni quattro ore, quindi dobbiamo raccogliere l'acqua; manca la corrente e diventa molto più pesante organizzare la vita della casa e della famiglia. Mia madre vive con me e quindi devo prendermi cura di lei. Mia madre ha 74 anni e non esce di casa, è in una situazione di grande dipendenza e qualcuno deve costantemente provvedere ad aiutarla. C'è anche un grosso problema con i ragazzi che sono a casa e non possono andare a scuola. Ci sono molti problemi con la scuola, perché i ragazzi vogliono andare a scuola, ma, beh, con i bombardamenti non si può...

 

Marisa (Pstu, Brasile): Noi qui in Brasile siamo a conoscenza di quella guerra assurda che si sta combattendo lì in Ucraina - che la Russia ha invaso l'Ucraina, e di alcune notizie che sono arrivate qui e che vorrei che tu commentassi - che riguardano la violenza contro le donne in tempo di guerra, perché qui abbiamo un esempio – che non era proprio una guerra ma era come se lo fosse, una guerra contro i poveri – in cui il Brasile ha invaso Haiti per garantire (tra virgolette) «la pace ad Haiti». C'erano più di 2.000 denunce di stupro di donne ad Haiti, e sappiamo che questa pratica è una tattica di guerra, una tattica militare, la violenza contro le donne. Volevo sapere se questo è stato il caso in Ucraina, se anche lì si pratica violenza contro le donne.

È vero. Quello dello stupro e dell'abuso come arma di guerra è un fatto assolutamente vero; esiste e ne siamo consapevoli. Qui non è una zona occupata da truppe, ma è comunque una situazione molto tesa per noi uscire di casa, a causa del buio che c'è. Oltre al fatto che d'inverno qui c'è un buio molto più lungo, e adesso ci sono le interruzioni di corrente, e accendono un po' alle 5 del mattino perché c’è il movimento delle persone che devono andare a lavorare e poi la interrompono di nuovo. È così, più o meno. Dico sempre: non si apre a nessuno, si chiude tutto, si esce con lo spray, con il taser, per stare sicura, ma è proprio il buio e una situazione di tensione quella che vivi finché non arrivi al lavoro e, come ti ho spiegato, anche al lavoro; quella sensazione di vulnerabilità che c’è. E ci sono molte persone dipendenti, non solo alcolisti, ma tossicodipendenti di ogni tipo. Anche tra gli occupanti russi ci sono molti che fanno uso di droghe e che non sono sani di mente.

 

Florence: Grazie mille, Ludmila, continueremo la campagna di solidarietà operaia con la classe lavoratrice ucraina. La solidarietà materiale è oggi più importante che mai, con l'arrivo dell'inverno e gli effetti distruttivi dei bombardamenti sulle infrastrutture idriche ed energetiche in Ucraina.

L'unica cosa che posso dirvi, ragazze, è che vi ringrazio moltissimo, moltissimo, per tutta questa campagna di solidarietà che state portando avanti, e questo ci rafforza molto. Condivido anche che attendo con ansia il momento in cui la guerra finirà e che possiamo incontrarci in tempo di pace e possiamo continuare a scambiarci questi interrogativi.

 

 

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