Partito di Alternativa Comunista

Il governo Lula-Alckmin: un’analisi di classe

Il governo Lula-Alckmin: un’analisi di classe

 

 

 

del Pstu (Brasile)*

 

 

Questo articolo è stato scritto a inizio gennaio, all’indomani dell’insediamento del nuovo governo Lula-Alckmin. I fatti di questi giorni, col tentativo golpista dei bolsonaristi, hanno confermato in pieno l’analisi e le previsioni del Pstu (la redazione web).


La cerimonia di insediamento del nuovo governo ha cercato di riunire ed essere espressione dei settori più emarginati della società. Con la vile assenza di Bolsonaro, la fascia presidenziale è stata passata a Lula da un gruppo che pretende di rappresentare i lavoratori, le donne, i neri, gli indigeni, i disabili e altri settori oppressi.
La presentazione pubblica del governo Lula-Alckmin è stata pensata per fare da contraltare alla gestione ultra-destra, oscurantista e criminale di Bolsonaro. E le immagini che stanno facendo il giro del mondo, in effetti, mostrano qualcosa di diverso da quello che abbiamo sopportato, con grandi sofferenze, negli ultimi quattro anni. L'eccitazione e le aspettative che queste immagini suscitano negli attivisti e nei settori che si sono scontrati con il governo di Bolsonaro sono comprensibili.
Tuttavia, è necessario riflettere ora se il messaggio che ha trasmesso in quell'occasione rappresenti realmente quello che farà questo nuovo governo. La risposta purtroppo è no. È tempo di affrontare il dibattito su chi servirà il governo Lula-Alckmin, sul carattere di classe del progetto che realizzerà e sulle sfide che hanno davanti a sé la classe operaia, i giovani e i settori oppressi.

 

La composizione del nuovo governo

Lula ha nominato rappresentanti di settori di destra e ultradestra nei ministeri, alcuni dei quali hanno addirittura elogiato Bolsonaro, come il nuovo ministro della Difesa José Múcio, o come i bolsonaristi dell'União Brasil di Bivar, che ha ottenuto tre ministeri. La «terza via» che la borghesia ha cercato di promuovere alle elezioni è presente nel governo anche con i ministeri, e in posizione centrale, con Tebet alla Pianificazione.
In altre parole, la formazione del nuovo governo conferma quanto promesso da quando Alckmin, il boia del massacro di Pinheirinho e capo della Polizia Militare (Pm) che ha commesso il maggior numero di omicidi ai tempi, è stato annunciato come vicepresidente: un governo di unità nazionale, con tutti i rappresentanti di quei settori che hanno accettato di farne parte e che si sono opposti, almeno per ora, agli aspetti più autoritari del governo di Bolsonaro e ad alcuni aspetti della sua politica economica.
Tutto ciò si concretizza in un governo che comprende e rappresenta settori del mercato finanziario nazionale e internazionale, desiderosi di una certa stabilità politica per mantenere i propri affari; settori della borghesia nazionale, quest'ultima sempre più legata e sottomessa all'imperialismo; le multinazionali; persino ampi settori della grande industria agroalimentare - anch'essi legati in modo ombelicale al grande capitale finanziario e all'imperialismo - che dipendono dalle esportazioni verso la Cina e altre regioni. Ne deriva il sostegno esplicito ricevuto da leader come Biden, Macron, Scholz e l'Unione Europea, oltre che dal cinese Xi Jiping.
Gran parte della sinistra si esalta per ruoli come quello di Marina Silva all'ambiente, Silvio Almeida ai diritti umani e Sônia Guajajara del Psol: ragionano con la logica che il problema del governo Lula sarebbero i ministri che non sono di sinistra e che più posizioni di sinistra ci sono meglio è. Come se il governo non avesse un programma, non fosse al servizio della classe dirigente, anche con l'appoggio dei Paesi imperialisti, a prescindere da quanti ministri provengano da partiti di destra o meno. La realtà è che si tratterà di un governo incentrato sugli interessi di settori dell’imperialismo, delle multinazionali, delle banche e dell’industria agroalimentare. Non saranno uno, due o tre ministri diversi, presumibilmente più di sinistra, a cambiare le cose.
Il problema è che anche i vari ministri del Pt che dovrebbero essere «rappresentanti della sinistra» perseguono una politica di destra, cioè in difesa del mercato, del capitalismo e degli interessi dei ricchi. Non si può nascondere che, ad esempio, Marina Silva ha costruito ed è stata la candidata di un partito con forti legami con Itaú (importante banca brasiliana, ndt) e, in campo ambientale, difende un capitalismo verde legato a Natura (principale azienda brasiliana di cosmetici, che sfrutta materie prime vegetali provenienti dalla biodiversità locale, ndt).
Prendiamo il caso del nuovo ministro delle Finanze che, nonostante una certa «eterodossia» che fa storcere il naso a Faria Lima (centro finanziario di San Paolo), rappresenta in realtà una politica economica «anticiclica» che oggi viene applicata persino negli Stati Uniti, con i pacchetti di spesa pubblica da mille miliardi di dollari di Biden. Non è un caso che Haddad (l’attuale ministro delle finanze, ndt) si sia prefissato il compito principale di ridisegnare la politica del tetto fiscale nei prossimi mesi. La politica neoliberista del tetto fiscale non sarà smantellata: semplicemente il vecchio piano sarà aggiornato con un nuovo tetto. Ma l'obiettivo rimane lo stesso: garantire eccedenze per arricchire i capitalisti attraverso il meccanismo del debito pubblico.
Non c'è alcuno scontro nel governo. Non esiste un settore progressista nel governo. Quello che esiste è un governo ampio con diverse correnti capitalistiche che si combinano tra loro. Non è che non ci siano differenze: il punto è che, in generale, sono d’accordo. Tanto da far parte dello stesso governo.

È deplorevole notare che, sia con alte cariche, come il Psol, sia senza, come l'UP o il Pcb, così come tutte le altre organizzazioni di sinistra, pur a livelli diversi, sostengano il governo. Alcune dichiarandosi indipendenti e altre in modo più palese, tanto che sono andati tutti alla cerimonia di insediamento e nessuno di loro parla di costruire un'opposizione di sinistra sia contro il governo borghese di Lula sia contro l'opposizione di destra bolsonarista.

 

Le differenze con il 2002

Negli ultimi vent’anni sono cambiate molte cose, compreso il Pt. Ciò che il governo Lula era nel 2002 sarà molto diverso da ciò che Lula sarà nel 2023. Basti dire che quello attuale è molto più un governo di unità nazionale che di collaborazione di classe. Tanto meno si tratta di un «Fronte popolare», perché, in sostanza, il governo di Lula è un normale governo borghese che, pur non essendo il preferito da tutti i suoi settori, è pienamente accettato dalla borghesia e dall'imperialismo.
Non possiamo definirlo esattamente un governo di collaborazione di classe come fu quello del Pt nel 2002. È bene ricordare che quello era un governo che serviva a stabilizzare il sistema capitalistico e il regime democratico-borghese, e serviva anche a cooptare le organizzazioni dei lavoratori, smobilitando il proletariato, togliendolo dalla scena e smussando la coscienza della classe per farla accodare alla borghesia.
Il governo del Pt di oggi, in un ampio fronte con la borghesia, presenta ancora importanti caratteristiche di collaborazione di classe (poiché comprende quasi tutte le organizzazioni dei lavoratori, con onorevoli eccezioni). Ma è più un governo di unità nazionale, cioè capace di unire il grosso della borghesia nazionale e imperialista, ad eccezione del settore bolsonarista, che oggi è nettamente in minoranza. E, allo stesso tempo, è un governo che serve per impedire l'azione indipendente della classe operaia, ponendola interamente alla mercé del presunto «campo» borghese «democratico».
Il governo Lula-Alckmin cercherà di unire e rappresentare il grosso della borghesia e dell'imperialismo a difesa del sistema capitalistico innanzitutto, della sua gestione da parte del regime democratico borghese, assoggettando la classe operaia interamente ai disegni del dominio di classe e dell'imperialismo. Cioè dal settore più ricco che rappresenta meno dello 0,5% del Paese. Anche se in modo diverso da Bolsonaro. Così come Biden, a differenza di Trump, cerca di attuare politiche economiche anticicliche, ma senza cambiare effettivamente il sistema.
È chiaro che la maggior parte della borghesia preferirebbe avere un partito interamente proprio che la rappresenti. Ha cercato una terza via, puntando su qualcosa che sarebbe nato dalle loro viscere, come classe. Ma sebbene il Pt sia nato dalla classe e al di fuori dello Stato borghese, da tempo non è più un partito della classe operaia. Da tempo la collaborazione di classe ha totalmente assorbito questo partito che ora, essendo un partito borghese, per rappresentare la classe operaia dovrebbe rompere con sé stesso.
Il Pt, tuttavia, come partito, è il prodotto di uno sviluppo disomogeneo e combinato. In trent’anni, in un Paese semi-coloniale (con un ruolo egemone nella regione), ha imboccato la strada che la socialdemocrazia europea ha impiegato più di controvent’anni a percorrere. Questo, insieme ad alcune altre caratteristiche che non abbiamo spazio di sviluppare in questa sede, gli consentono un maggior grado di inganno, di illusione e anche di contraddizione.

 

Di certo, un governo diverso da quello di Bolsonaro

Molti attivisti, e anche giornalisti della stampa borghese, hanno celebrato alcuni dei nomi del nuovo governo. È evidente che Silvio Almeida (un ministro nero e antirazzista del governo Lula, ndt) non ha nulla a che fare con il fondamentalista Damares Alves (ministra delle donne e della famiglia del governo Bolsonaro, ndt). Allo stesso modo, Marina Silva (ecologista ora ministra dell’ambiente, ndt) è molto diversa dal criminale Ricardo Salles (ex minstro dell’ambiente, ndt). La domanda è: è un governo differente in che senso? Uno è stato un governo capitalista mentre questo sarebbe un governo socialista? Da una parte un governo dei ricchi e dall’altra un governo dei lavoratori?
Bolsonaro è l'espressione più cruda e violenta della barbarie capitalista, del processo di ricolonizzazione e svendita del Paese e del conseguente esproprio. Il tutto avvolto in un discorso oscurantista, dittatoriale e reazionario. Bolsonaro davvero vorrebbe una dittatura per applicare l'ultraliberismo di Pinochet e della Thatcher.
Il nuovo governo, invece, difende la democrazia borghese, parla contro le privatizzazioni, difende l'ambiente e i diritti sociali, ma, tuttavia, adotta per questi scopi un programma liberale o «social-liberale». In altre parole, è nei fatti alleato e governerà proprio con gli stessi settori che sono stati in prima linea nelle privatizzazioni. Vale la pena ricordare che ha nominato alla Segreteria Esecutiva delle Finanze l'allievo di Lara Resende, Gabriel Galípoli, il banchiere che ha articolato la privatizzazione del Cesp a San Paolo e del Cedae a Rio (cioè le principali compagnie energetiche, ndt); o quei settori che traggono profitto dal debito pubblico, persino quelli responsabili della deforestazione e della distruzione dell'ambiente.
In un governo social-liberale, i miliardari guadagnano dai boom e dalle crisi. La classe operaia e i poveri, in periodi di crescita economica, possono ottenere alcune concessioni molto limitate. D’altra parte, durante le crisi subiscono tutti gli attacchi, lo sfruttamento si intensifica e sono chiamati a pagarne l'intero conto.
Inoltre, a lungo termine, nel bel mezzo del processo di crisi del capitalismo e della regressione del Paese a mera semi-colonia dell'imperialismo, i lavoratori e i poveri vedono abbassarsi sempre più il loro tenore di vita e si moltiplicano i segni della barbarie. E questo indipendentemente dalla politica economica, sia essa l'ultraliberismo di Guedes o lo «sviluppo sostenibile» di Mantega. Basti ricordare che proprio durante i primi governi di Lula, il Brasile si è affermato come grande esportatore di materie prime, stabilendo il suo nuovo ruolo nella divisione internazionale del lavoro e la sua posizione ancora più subordinata nel sistema imperialista.
Il programma del Pt - e quello del governo Lula-Alckmin - non si oppone a questa tendenza, poiché, per farlo, sarebbe necessario rompere con l'imperialismo e con il parassitismo della borghesia nazionale subalterna. In altre parole, essere disposti a cambiare il sistema, non a proteggerlo. Ciò significa che il prossimo governo non invertirà questo processo di degrado, abbandono e ultra-sfruttamento. Non porrà fine, ad esempio, alla precarietà del lavoro o alla disoccupazione, non invertirà lo smantellamento dell'istruzione o della sanità pubblica, né tantomeno risolverà lo storico problema dei servizi igienici di base, cosa che, tra l'altro, il Pt non ha fatto nemmeno durante i 14 anni in cui è stato al potere, con coalizioni più a sinistra di adesso.
Anche per quanto riguarda l'ambiente, non si prevedono cambiamenti significativi. Se è vero che Marina non è Salles, è anche vero che, per fermare il processo di distruzione dell'Amazzonia, la deforestazione e il conseguente sterminio delle popolazioni indigene e gli attacchi ai Quilombolas (comunità auto-organizzate in passato fondate da schiavi fuggiti dalle piantagioni, ndt) è necessario scontrarsi con gli agroalimentari, le grandi compagnie minerarie e il grande capitale ad esse associato. Cosa che il governo in carica non farà.
In breve: Lula e Bolsonaro sono diversi in termini di regime politico e democrazia borghese. Ma il carattere di classe del regime politico è lo stesso e non è in discussione. Anche per questo motivo, Lula sta cercando di calmare le acque, di non punire in modo duro i golpisti e di non intervenire sul golpismo delle Forze armate.
In campo economico, pur avendo delle differenze, queste sono molto più ridotte, poiché entrambi i governi rimangono nell'ambito della difesa di una politica economica pro-capitalista. Il dibattito, che include le differenze economiche tra «più liberale» o «più sviluppo sostenibile», è tattico per il Pt, con Haddad stesso che dichiara di non avere un ricettario e di attingere da tutte le «scuole di economia».

 

Le organizzazioni socialiste non possono sostenere il nuovo governo

È comprensibile che l'insediamento del nuovo esecutivo susciti alcune aspettative, soprattutto dopo il governo Bolsonaro. Tuttavia, è inaccettabile che i partiti e le organizzazioni socialiste aderiscano e sostengano Lula-Alckmin.
Anche non posizionarsi come opposizione di sinistra, o dire che si difendono le misure progressiste del governo, è già una forma di sostegno. Ciò rafforza l'illusione della classe operaia in questo governo e nella politica di alleanza con la borghesia e l'imperialismo, disarmando la stessa classe. Per Trotsky, sostenere il governo dall'esterno è ancora peggio che parteciparvi, perché rafforza le aspettative, ostacola la presa di coscienza e impedisce l'indipendenza di classe, generando una falsa illusione di indipendenza.
Settori come quello rappresentato da una corrente del Psol, il Mes, ad esempio, affermano che rimarranno indipendenti, appoggiando «il governo di Lula solo nelle buone battaglie a favore del popolo», secondo le parole della deputata Sâmia Bonfim. Qualsiasi attivista potrebbe pensare che si tratti di una posizione coerente e di sinistra. Nulla di più lontano da ciò.
Negli anni Ottanta ci fu un grande dibattito sulla posizione dei rivoluzionari nei confronti del governo Mitterrand in Francia. Un governo molto più a sinistra di quello che sarebbe oggi Lula-Alckmin. Che cosa suggeriva Nahuel Moreno, dirigente della Lit-Quarta Internazionale, in quel periodo? Coerentemente con la storia del trotskismo, difese la necessità di non dare alcun sostegno al governo e lottò per la totale indipendenza politica dei rivoluzionari da quel governo, anche contro tutte le illusioni della classe operaia.
In polemica con l'allora Oci (guidata da Pierre Lambert), Moreno ha criticato la decisione dell’Oci di sostenere gli aspetti presumibilmente progressisti del governo. E, all'epoca, l'Oci non sostenne nemmeno di appoggiare le misure governative che riteneva corrette, come propone oggi il Mes in relazione a Lula-Alckmin, ma piuttosto i «passi» fatti dal governo a favore della classe operaia (in pratica si trattava di appoggiare nei fatti, senza arrivare a dirlo).
Moreno spiegava che non si doveva dare alcun sostegno a nessuna misura di qualsiasi governo borghese, indipendentemente dal suo colore: sia esso di «sinistra», nazionalista, fascista o altro.
E perché dovrebbe essere così? Non si tratta di una sorta di «purismo» o preziosismo, ma semplicemente del fatto che qualsiasi misura di un governo borghese che, anche solo in apparenza, sia a favore dei lavoratori, è in fondo controrivoluzionaria. Appare come una concessione spontanea da parte di un governo borghese, lo rafforza di fronte alla popolazione e alla classe, di modo da poterli attaccare più facilmente.
E che dire del «fascismo»? Molti settori della sinistra hanno accettato gli accordi di Lula-Alckmin con la destra e persino col bolsonarismo, sostenendo che è necessario isolare e sconfiggere l'ultradestra. Ebbene, nel pieno della guerra civile spagnola, quando l'allora governo del Fronte Popolare (che ovviamente non può essere paragonato al Pt) combatteva contro il franchismo, Trotsky sostenne la necessità di votare contro la proposta del governo di un bilancio militare per la guerra. In altre parole, egli raccomandava di votare contro la proposta del governo di destinare una parte del bilancio per affrontare militarmente i fascisti. Disse che, se il governo era disposto a dare un milione per la guerra, il partito avrebbe dovuto opporsi e chiedere due milioni, e di rivendicare che questi fossere dati direttamente ai lavoratori, cosa che, ovviamente, il governo non avrebbe accettato. Di fronte a questo, sosteneva Trotsky, era necessario rivolgersi agli operai e dire loro: «Vedete? Questo governo non vuole davvero armarvi per combattere il fascismo».
Così, un governo di unità con la borghesia e incapace di portare avanti la lotta fino in fondo con coerenza, sarebbe smascherato. Tragicamente, la storia ha dato ragione a Trotsky, anche se in negativo (e anche i fatti di questi ultimi giorni in Brasile, ndr).

 

Lottare indipendenti dal governo, costruire un'opposizione di sinistra e rafforzare un'alternativa socialista

Il compito della classe operaia in questo momento è quello di avanzare nella sua organizzazione e mobilitazione indipendente, insieme ai poveri, agli indigeni, ai quilombolas, agli Lgbt+, alle donne e ai neri, per lottare contro gli attacchi futuri e per le loro rivendicazioni.
Lottare per il lavoro per tutti, con pieni diritti e salari dignitosi, aumentando questi ultimi, a partire proprio dal salario minimo. Anche per l'abrogazione totale della riforma del lavoro e per la Previdenza Sociale, ponendo fine all'esternalizzazione. Non solo fermare le privatizzazioni, ma anche rinazionalizzare, sotto il controllo dei lavoratori, le imprese cedute al capitale privato e internazionale.
Invertire il processo di ricolonizzazione, rompendo con l'imperialismo e il sistema di indebitamento con i banchieri. Investire nella sanità, nell'istruzione pubblica e in altri servizi pubblici.
A tal fine, è necessario pretendere che le organizzazioni del movimento operaio, in particolare i suoi dirigenti, non si leghino al governo e rimangano indipendenti. Solo l'organizzazione indipendente della classe può lottare per questo e per affrontare, di conseguenza e fino in fondo, l'ultradestra, che rimarrà organizzata e mobilitata.
Ma non basta lottare, è necessario avere una posizione politica. La classe operaia deve raccogliere la sfida di costruire un proprio progetto, con indipendenza di classe, contro l'attuale governo e anche contro l'opposizione di destra. Ciò è possibile solo posizionandosi come opposizione di sinistra a questo governo, senza concedergli un millimetro di sostegno politico e allo stesso tempo essere in grado di resistere agli attacchi dell'opposizione di estrema destra.

Solo in questo modo è possibile avanzare nell'organizzazione e nel rafforzamento di un progetto rivoluzionario e socialista, fondamentale per superare il Pt, che impone alla classe il sostegno a un progetto di governo del capitalismo in crisi. Solo in questo modo si creeranno le condizioni per attuare un programma di rovesciamento del capitalismo e di costruzione del nostro sistema, della classe operaia, senza alcun tipo di sfruttamento o oppressione, in cui governino coloro che producono la ricchezza del Paese attraverso il lavoro.

 

*Sezione brasiliana della Lit-Quarta Internazionale

 

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