Brasile: la capitolazione della Frazione Trotskista (Mrt)
al fronte popolare
Sulla leggenda del "golpe bianco" in Brasile
e dell"onda reazionaria" in America Latina
di Alejandro Iturbe (*)
Traduciamo
e pubblichiamo (con alcuni tagli di parti relative a vicende
esclusivamente brasiliane che richiederebbero un lungo apparato di
note esplicative), a distanza di un anno dalla sua stesura, questo
articolo di polemica con il Mrt (riferimento in Brasile della Ft, il
coordinamento internazionale raccolto attorno al Pts argentino). Al
di là di alcuni elementi relativi al periodo in cui è
stato scritto, nell'essenziale resta pienamente attuale non solo in
relazione alla Ft ma anche alla stragrande maggioranza delle forze
della sinistra che, in Italia e nel mondo, hanno sostenuto come la Ft
che in Brasile ci sarebbe stato nella primavera 2016 un "golpe
bianco" (la destituzione di Dilma a favore di Temer) e dunque
che il movimento operaio sarebbe in una situazione arretrata, in
sintonia con la (presunta) "onda reazionaria" che
investirebbe l'America Latina.
Questa
"analisi" ("golpe" e "onda reazionaria"),
che già era priva di fondamento un anno fa, in quanto dal 2013
si è aperta una situazione pre-rivoluzionaria in Brasile, con
l'ascesa delle lotte; questa analisi diventa grottesca quando viene
ripetuta in questi giorni, dopo che il Brasile ha conosciuto il 28
aprile il più grande sciopero generale della sua storia; e le
piazze si preparano a cacciare il governo e ad accerchiare (il 24
maggio) i palazzi del potere a Brasilia; mentre la Conlutas e il Pstu
chiamano a uno sciopero generale di 48 ore.
Ma
l'articolo di Iturbe è utile soprattutto per farci vedere come
dietro queste pseudo-analisi della Ft (e della sinistra riformista e
centrista mondiale al gran completo) ci sia non un errore di
valutazione ma l'opportunismo.
(redazione web)
Il
Movimento Rivoluzionario dei Lavoratori (Mrt) sta pubblicando una
serie di articoli sulla pagina www.esquerdadiario.com.br
con proprie analisi e posizioni sulla crisi politica in Brasile. In
questi articoli muove forti critiche al Pstu (sezione brasiliana
della Lit-Quarta Internazionale) per la sue posizioni di fronte a
questa crisi.
Quest’ultimo
fatto non è una novità: dacché aveva il nome di
Lega Strategia Rivoluzionaria (Ler), questa corrente ha dedicato
parte importante dei suoi materiali di propaganda per attaccare il
Pstu. Quello che risulta nuovo è che prima gli attacchi erano
realizzati da un ottica settaria e ultrasinistra, e ora sono
realizzati con argomentazioni simili a quelle del Psol (partito in
cui confluisce gran parte della sinistra riformista e centrista,
ndt), del Fronte della Gente senza Paura (composto da Psol, l’Mtst
e varie organizzazioni che fanno parte o appoggiano il governo di
Dilma Rousseff come il Partito Comunista del Brasile, la Cut, la
studentesca Une, etc.) e a quelle dello stesso Pt (il partito di Lula
e della destituita presidente Dilma, ndt).
Parola
più o parola meno, il ragionamento è il seguente: in
Brasile e in America Latina ci sarebbe una “svolta reazionaria”
nella situazione politica, perché la rottura dei lavoratori e
delle masse con i governi borghesi di fronte popolare e populisti
(come il kirchnerismo in Argentina, il chavismo in Venezuela, il
petismo in Brasile) verrebbe capitalizzata dalla destra. In questo
senso vanno letti le vittorie elettorali di Macri alle presidenziali
argentine e dell’opposizione borghese venezuelana alle recenti
legislative: risultati elettorali che determinerebbero cambiamenti
nella situazione politica (la “svolta
reazionaria”).
Nel
caso del Brasile, questo si esprimerebbe nelle grandi mobilitazioni
di massa convocate contro il governo Dilma, che fanno avanzare
l'impeachment per destituirla (come detto nell'introduzione, questo
articolo è stato scritto subito prima della destituzione di
Dilma, ndt).
Secondo
il Pt e il Fronte della Gente senza Paura, questo significherebbe “un
colpo di Stato”. L’Mrt attenua di poco questa definizione e lo
chiama “golpe istituzionale”.
Aldilà
di queste sottili sfumature, tutti costoro concordano dunque che la
priorità sarebbe “difendere la democrazia di fronte al
golpe” e, pertanto, opporsi alla caduta di Dilma.
E’
chiaro che allo stesso tempo fanno appello a lottare contro le
manovra di austerità che applica il governo e a costruire
un’alternativa indipendente dei lavoratori: però, data la
presunta imminenza del “golpe istituzionale”, ciò resta
nei fatti subordinato alla necessità della “difesa della
democrazia”.
La
posizione del Pstu di chiamare le masse a lottare per il “Via
tutti” (tanto il governo come il parlamento corrotto e contro tutti
i rappresentanti della borghesia che stanno al governo o
all’opposizione, si dicano di destra o di sinistra) è
qualificata dall’Mrt come utile o funzionale alla destra perché
comunque chiama a rovesciare il governo Dilma.
Di che golpe parlano?
Nell’articolo
“La caduta di Dilma sarebbe un golpe?” (1), la direzione
nazionale del Pstu risponde alla falsità di queste analisi e
spiega come la posizione del Pstu rappresenti l’unica ricerca di
una vera alternativa dei lavoratori stessi.
Sul
tema specifico del “golpe”, l’articolo del nostro partito
comincia con la definizione di cosa debba intendersi quando usiamo
questa parola: “Affinché si verifichi un colpo di Stato è
necessrio che l’imperialismo e la borghesia, o una buona parte di
essa, i cui interessi stiano venendo contrastati dal governo in
carica, si propongano di deporlo con la forza. Questo
contro la volontà della classe operaia e della maggioranza
della popolazione. Un golpe significa la sospensione delle libertà
democratiche e l’istaurazione di un altro regime politico. Ciò
viene attuato scavalcando la costituzione vigente, retrocedendo
rispetto alle libertà democratiche e all’indipendenza dei
tre poteri della democrazia borghese.”
Cioè,
deve esserci un cambiamento reazionario del regime (contro il
movimento operaio e di massa) mediante l’uso della forza. Per
questo, come elemento essenziale: “Un colpo di Stato esigerebbe,
inoltre, che il settore golpista della borghesia abbia l’appoggio
delle Forze Armate”, o per prendere direttamente il potere o per
appoggiare il settore borghese che lo prende.
Quanto
sta accadendo in Brasile è qualcosa di totalmente diverso: “è
la lotta tra due blocchi borghesi: il blocco di governo del Pt e
quello dell’opposizione borghese. Una lotta per decidere chi debba
governare in questo momento di crisi e applicare con maggiore
efficacia la finanziaria dei banchieri”
La
maggiornaza della borghesia si sta orientando per porre fine al
governo del Pt e rimpiazzarlo con un altro dalla differente base
parlamentare (Pmdb-Psdb). Questo,
chiaramente, genera una forte crisi istituzionale e relativa a tutta
la vita politica del Brasile. Però si tratta di un cambiamento
interno al regime attuale e che si produrrebbe senza modificarlo.
Qualificare
questo cambiamento interno al regime come “golpe istituzionale”
significa camuffare la realtà con una definizione che finisce
per essere un “ponte” utile ad unirsi con quelli che dicono che
l’essenziale oggi è “difendere la democrazia” e,
pertanto, che sarebbe un errore chiamare le masse ad abbattere con la
loro lotta il governo Dilma (e anche il parlamento corrotto e tutta
l’opposizione borghese di destra).
Si
potrebbe argomentare che se Dilma dovesse andarsene e subentrasse il
vicepresidente Michel Temer con una base parlamentare Pmdb-Psdb, si
produrrebbe una truffa ai danni della maggiornanza che ha votato
Dilma come presidente. In realtà, la prima truffa l’hanno
realizzata Dilma (e prima Lula) e lo stesso Pt che hanno fatto le
loro campagne elettorali con molte promesse di cambiamento, e poi
hanno governato per e insieme alla borghesia e all’imperialismo
(...). Possiamo aggiungere che uno degli obiettivi centrali di tutti
i regimi democratico borghesi parlamentari sia di truffare i
lavoratori e le masse. L’attuale disputa tra il Pt, i suoi alleati
e l’opposizione di destra è, quindi, una disputa tra
“truffatori”, ma interna al regime attuale e senza necessità
nè pretesa di cambiarlo.
C’è una svolta reazionaria?
Un
altro dibattito centrale con l’Mrt è sulla “svolta
reazionaria” che esso indica, analogamente alla maggioranza della
sinistra. Non concordiamo con questa visione: la consideriamo
un’analisi superficiale, che porta a conclusioni equivoche nella
sua interpretazione della realtà e dei processi che si stanno
verificando nella coscienza delle masse.
E’
superficiale perché prende in considerazione soltanto
l’aspetto sovrastrutturale (i risultati elettorali) o che un
settore delle masse partecipi a mobilitazioni convocate dalla destra,
senza considerare gli aspetti più profondi della lotta di
classe.
Nel
decennio del 1990 dominarono i governi latinoamericani chiamati
“neoliberali”. Applicarono una politica di tagli e
privatizzazioni dell’economia dei propri Paesi e attaccarono
duramente le condizioni lavorative e di salario. All’inizio del XXI
secolo, la risposta di lotta dei lavoratori e delle masse contro di
essi diede vita a processi rivoluzionari in vari Paesi e, in molti
casi, si abbatterono questi governi: nel 2000 in Ecuador; nel 2001 in
Argentina; nel 2003 in Bolivia. In
Venezuela questo già si era realizzato nel 1989 e la
situazione si approfondì nel 2002-2003, quando la
mobilitazione dei lavoratori e del popolo sconfisse il golpe e la
serrata padronale contro il governo di Chavez.
Le
borghesie nazionali e l’imperialismo erano sulla difensiva e, in
risposta a questi processi rivoluzionari su scala continentale,
accettarono (e in molti casi diedero impulso a) governi di fronte
popolare (di conciliazione di classe) o populisti: Chávez,
Rafael Correa, Néstor Kirchner ed Evo Morales. In Brasile, in
modo preventivo, giunsero al governo Lula e il Pt.
Questi
governi riflettevano una profonda contraddizione. Da un lato, erano
un’espressione distorta dell’ascesa rivoluzionaria, e per questo
molti di essi “vestirono di rosso” e di antimperialismo il
proprio discorso, realizzarono alcune misure nazionaliste blande e
parziali, e fecero alcune concessioni alle masse. Dall’altro lato,
erano borghesi fino al midollo e il loro obiettivo centrale era
frenare le rivoluzioni e salvare il capitalismo e il regime borghese.
Per questo, non hanno mai oltrepassato i limiti del sistema economico
capitalista, né del suo Stato. Qui si applica con tutta la
forza un principio sempre più attuale: chi non rompe con
l’imperialismo e con il capitale finanziario finisce, presto o
tardi, per divenirne strumento.
Le crisi di questi governi
Per
svariati anni questi governi ebbero il “vento in poppa” della
situazione economica mondiale (2002-2011) per gli alti prezzi delle
materie prime e degli alimenti, esportati grazie alla domanda della
Cina.
A
partire dal 2011-2012, la “bonaccia” giunse al termine e questi
governi dovettero cominciare ad applicare piani economici sempre più
duri e ad attaccare le concessioni fatte in materia di sanità
ed istruzione, di condizioni di lavoro, occupazione ecc. Cominciarono
ad applicare il programma della destra neoliberale e, in molti casi,
a portare i suoi rappresentati (della destra, ndt) al governo (come
Kátia Abreu in Brasile). A
questo punto dunque iniziò la profonda erosione del loro peso
tra i lavoratori e le masse. Furono
efficaci per salvare in un primo momento lo Stato borghese e il
capitalismo, però allo stesso tempo posero le basi della
successiva crisi.
Riuscirono
a sviare e frenare i processi rivoluzionari ma non li sconfissero
nella lotta. E i lavoratori ora entrano in lotta (con scioperi e
mobilitazioni) per combattere le misure finanziarie di governi,
aprendo così la possibilità di una nuova ascesa
generalizzata.
Perché vince o si rafforza la destra?
Durante
vari anni, i lavoratori e le masse videro questi governi (di fronte
popolare e populisti, ndr) come “propri”. Però nella
misura in cui applicavano i piani di tagli, iniziarono a rompere con
essi (e a lottare contro di essi). Una rottura che si è
accentuata perché, trattandosi di settori borghesi minori o in
formazione, i livelli di corruzione statale sono in generale più
evidenti che nei governi borghesi “normali” (dove le cose vengono
fatte generalmente in forma più scaltra).
Questo
permette alla opposizione di destra di camuffare il suo discorso: non
dice “faremo tagli feroci” ma dice “basta corruzione” e
“abbiamo bisogno di un ricambio con gente onesta, efficiente e
capace”. In questo modo, all’elettorato più
tradizionalista e tipico di questa destra si sommano molti lavoratori
che esprimono (attraverso il “voto punitivo”, al quale porta la
trappola delle elezioni borghesi) la propria rabbia e la propria
frustazione per le promesse irrealizzate di trasformazione della
società che avevano fatto i populisti (dei governi di fronte
popolare, ndt). Con un ragionamento sbagliato, la rabbia porta alla
conclusione che “chiunque è meglio di questa gente”. (...)
I complessi processi della coscienza di classe
In
ultima istanza, sono gli stessi governi di fronte popolare e
populisti i responsabili dell’ascesa elettorale e dei trionfi della
destra, e del peso della mobilitazione che questa ha ottenuto in
Brasile. In
primo luogo, per aver frustrato le aspettative popolari di
cambiamento che dicevano di rappresentare. In
secondo luogo, perché ora sono governi di “puri attuatori di
tagli". In terzo luogo, perché il presentarsi come la
“sinistra” e come l’elemento popolare” contro “la destra”,
constribuisce ad alimentare la falsa polarizzazione per la quale ci
sarebbero solo due alternative, entrambe borghesi.
Da
parte di questi governi, l'affermazione che ci sarebbe “una svolta
reazionaria” della fase ha come obiettivo evitare (o ritardare) che
le masse rompano con loro. Da un lato, per dire alle masse che non
lottino contro i tagli che loro applicano perché altrimenti
“si farebbe il gioco della destra”. Dall’altro,
nei processi elettorali, per guadagnare voti, perché “bisogna
difendere le conquiste” e “quelli che possono venire sono molto
peggio di noi”. Se c’è una sconfitta elettorale, serve
loro per “lavarsi le mani” e scaricare le responsabilità
sulle masse che non hanno saputo distinguere il bene dal male.
Le
correnti di sinistra che appoggiano e/o difendono questi governi
(anche con critiche ma con argomentazioni secondo le quali “non
sono la stessa cosa” o “bisogna difendere la democrazia”) non
fanno nient’altro che “abbellirli” e frenare la lotta contro di
essi, e così si rendono loro complici o, come minimo,
capitolano ad essi.
L’azione
e la coscienza delle masse sono passati attraverso processi altamente
contraddittori in questi anni. Prima hanno lottato contro i governi e
le politiche neoliberali e, in vari Paesi, li hanno abbattuti. Poi
hanno creduto erroneamente che i governi di fronte popolare e
populisti avrebbero potuto essere gli strumenti per il cambiamento al
quale aspiravano. Più
recentemente, hanno iniziato a lottare contro i tagli di questi
governi e a rompere con essi.
Questa
rottura è un grande avanzamento nella loro coscienza. Però
non è un avanzamento lineare, bensì altamente
contraddittorio perché, di fronte alla falsa polarizzazione,
un settore resta a “difendere le conquiste” e un altro si
confonde con il “qualsiasi cosa è meglio” e appoggia
elettoralmente la destra (o simpatizza con le sue mobilitazioni). Ma
questa rottura dei lavoratori e delle masse con il kirchnerismo, il
chavismo, il Pt o Evo Morales, è il processo più
importante che si sta verificando nella coscienza delle masse perché
senza di esso non ci sarebbe possibilità di costruire una
forte alternativa operaia, rivoluzionaria e socialista, alla crisi
del capitalismo.
Questa
rottura politica è il processo che aspettavamo da anni.
La capitolazione al fronte popolare
Naturalmente,
spetta ai rivoluzionari spingere alla costruzione di
quest’alternativa, essenzialmente nelle lotte operaie e
nell’organizzazione delle masse. Un compito che può
realizzarsi solo sulla base di proposte con posizioni chiare di
classe, che non capitolino ai fronti popolari, specificatamente al
governo di Dilma e al Pt (anche laddove ciò avviene con la
scusa che “bisogna bloccare il golpe istituzionale”).
Quì
si addice una metafora usata da Trotsky per analizzare il fronte
popolare al governo in Francia negli anni Trenta. Egli diceva che
molte volte la politica assomiglia a un treno nel quale ciascun
vagone si va ad agganciare, dicendo di stare “alla sinistra"
del precedente, e con delle critiche verso il vagone più a
destra, marciando però tutti insieme nella stessa direzione
trainati dalla locomotiva.
Quì
la locomotiva del governo di fronte popolare è il Pt e Dilma.
Dietro si agganciano l’Mtst e il Psol, che dicono che il governo è
“cattivo” ma che bisogna “difendere la democrazia” e
“sconfiggere il golpe” e, in ogni caso, aspettare le elezioni del
2018 per cambiare. E dietro ancora viene l’Mrt, che ci propone di
lottare molto contro il governo del Pt, ma ci spiega che ora non
bisogna rovesciarlo bensì difenderlo contro la destra.
Non
è casuale che l’Mrt ("sezione" della Ft-Pts in
Brasile, ndt) abbia chiesto di entrare nel Psol e che faccia di
questa richiesta una delle sue campagne principali. In pratica hanno
collocato il loro vagone alla coda del treno guidato da Dilma e Lula,
e a essi capitolano in maniera evidente.
La
politica dell’Mrt va contro il processo più ricco e positivo
per la coscienza dei lavoratori e delle masse (la rottura con il PT e
il fronte popolare), base necessaria per costruire una alternativa
rivoluzionaria dei lavoratori. In
realtà, assomigliano a quelli che cercano di rinviare un
processo di concepimento già iniziato, perché questo
non si realizza in “forma pura” ma in modo molto più
confuso. Come pretendono
che il processo avanzi e si sviluppi nel modo più positivo se
dicono che si tratta di una “svolta reazionaria” e rispondono
capitolando al Pt? In realtà, in modo indiretto, anche l’Mrt
capitola alla destra brasiliana perché semplicemente le regala
lo spazio di opposizione al governo, al posto di disputarlo
apertamente e con una politica di classe.
Qui
l’Mrt entra in una contraddizione politica senza uscita, che lo
porta a non proporre alcuna azione politica concreta. (...) Ora fa
appello a non partecipare alle manifestazioni del 1° aprile
convocate dalla Csp-Conlutas, lo Spazio di Unità d’Azione e
il Pstu, perché sarebbero “utili alla destra”. In realtà,
queste ultime saranno le uniche mobilitazioni con proposte
indipendenti affinché la classe lavoratrice costruisca la
propria alternativa alla crisi, tanto contro il governo come contro
l’opposizione borghese di destra.
Un’alternativa
che è iniziata a costruirsi (...) in azioni come il blocco e
la mobilitazione dei lavoratori della General Motors di San José
dos Campos, in appoggio alla politica proposta dalla Csp-Conlutas e
dal Pstu. Sono azioni piccole di fronte a quelle che sarebbero
necessarie per imporre una via d’uscita della classe operaia. Però
sono un indicazione di quello che propone il Pstu e di come comincia
ad essere assunto da settori della classe operaia (ricordiamo
nuovamente che l'articolo è stato scritto un anno fa, prima
dell'impressionante ulteriore ascesa degli ultimi mesi, ndt).
Nel
frattempo, l’Mrt “sfoglia la sua margherita”: Via Dilma, no;
Via tutti, nemmeno; Resti Dilma, sì (ma è brutto da
dire).
(...)
Un cambiamento profondo
Abbiamo
detto che gli attacchi al Pstu sono stati una costante
dell’organizzazione che ora si chiama Mrt. Senza dubbio, quando si
chiamava Ler, le sue critiche provenivano da posizioni settarie ed
estremiste, come considerare “inaccettabile” la formazione di una
lista comune tra la gioventù del Pstu e quella del Mes-Psol
per disputare il Dce (studenti) dell’Università di San
Paolo. Ora questa corrente non solo si è dimenticata dell’
“inaccettabile” ma persino chiede di entrare nel Psol e difende
la politica del Psol come se fosse parte dello stesso partito. Cosa è
successo nel frattempo? Che
trasformazione si è verificata tra le due posizioni (opposte,
diremmo)?
Una
prima risposta la troviamo nel testo del “Manifesto del Movimento
Rivoluzionario dei Lavoratori, in campagna per l'ingresso del Mrt nel
Psol”. In
questo testo si afferma:
“Il
Psol è un partito che, prima di tutto, alle ultime elezioni,
con la candidatura di Luciana Genro e diversi deputati, si è
presentato come un’alternativa alla sinistra del Pt per un
importante auditorio di massa. Luciana ha ottenuto 1,6 milioni di
voti come importante espressione della lotta ai settori più
conservatori della politica brasiliana”. Per questo, la proposta
dell’Mrt è “lottare con le nostre idee rivoluzionarie
dentro il Psol per costruire una forte alternativa dei lavoratori”.
Al contrario, continua il testo, “il Pstu, nonostante porti avanti
punti corretti di programma, sta rinunciando a presentarsi come una
vera alternativa, sempre più fermo a un sindacalismo che agita
nella propaganda lo ‘sciopero generale’, ma non dà una
risposta alla crisi del Pt né alla lotta di classe”
In
un altro testo, l’Mrt afferma che, per la differenza di voti
ottenuti da ambo i partiti alla elezioni, “quello che dobbiamo
avere in chiaro è che la tendenza è l’ascesa politica
del Psol di fronte alla crisi del Pt, e che il Pstu si consolida come
una grande setta sindacalista che sparisce dal terreno politico”,
nonostante il riconoscimento che “nella CSP-Conlutas stanno i
sindacati antigovernativi del Paese”.
Traduciamo
il ragionamento dell’Mrt: l’importante, per avere peso politico
ed “essere un’alternativa”, è ottenere molti voti e
deputati. Viceversa, se si ha un peso di direzione nella centrale
nella quale si raggruppano i sindacati che lottano contro il governo
del Pt (cioè, peso strutturale e organizzativo nella classe
lavoratrice), ma si raccolgono pochi voti, un partito si converte in
una “setta sindacalista grande” senza futuro politico.
La
malattia che affligge l’Mrt, e che ha lo trasformato, ha un nome
chiaro: opportunismo elettoralista, un male che già ha
“mutato” una gran parte della sinistra brasiliana e mondiale e, a
quanto si vede, non lascia immuni nemmeno quelli che si considerano
“super-rivoluzionari”.
E’
l’azione corrosiva della poltiica dell’imperialismo e della
borghesia che abbiamo denominato “reazione democratica”. Da un
lato, è volta a evitare o sviare le lotte e le rivoluzioni,
portandole sul binario morto della democrazia elettorale e
parlamentare borghese. Dall’altro, corrode e corrompe
organizzazioni rivoluzionarie che credono di poter “farsi beffa
della storia” ricorrendo ad una strada che sembra più facile
(voti e deputati), ma che li porta a trasformarsi in un’altra cosa
e a perdere il proprio carattere rivoluzionario. Ora
sembra che la vita passi attraverso le elezioni e il parlamento, e
tutto si orienta in funzione di esso, anche se si continua a chiamare
“alla lotta”.
Per
evitare false discussioni: non nutriamo nessun “cretinismo”
antielettorale o antiparlamentare. Proprio
come difendevano Lenin, Trotsky e la III Internazionale, siamo a
favore della partecipazione alle elezioni con nostri candidati per
diffondere e popolarizzare il programma rivoluzionario tra le masse.
Nel quadro di questa
attività, vogliamo ottenere il maggior numero di voti per
questo programma e, se è possibile, eleggere deputati o
parlamentari affinché siano tribuni della classe operaia in
una istituzione nemica e aiutino a eroderla e distruggerla. La cosa
verso la quale siamo totalmente contrari è trasformare questa
nell’attività centrale e nell’asse di un partito
rivoluzionario (cioè, in qualcosa di più di “un punto
d’appoggio secondario”, secondo l'espressione di Lenin). O
di misurare gli avanzamenti e il peso di un partito solo (o
essenzialmente) per i voti che ottiene e non per la sua costruzione
strutturale ed il suo peso nelle organizzazioni della classe operaia.
In
realtà, non è stato solo l’Mrt a contrarre tale
malattia. Questa organizzazione esprime il contagio del principale
partito della sua organizzazione internazionale, la Frazione
Trotskista (FT): il Pts argentino.
Questa
organizzazione, che ha iniziato ad assaporare il "miele"
dell’esito elettorale, come parte del Fit (Fronte elettorale, ndr),
da vari anni si sta comportando come un’organizzazione
elettoralista e parlamentarista: dall’adattamento del suo
linguaggio (affermando, come lo spagnolo Podemos, che la lotta è
“contro la casta politca”) fino alla trasformazione dei suoi
deputati (Nicolàs del Caño e Myriam Bregman) nelle
principali figure e nell’asse dell’azione politica del partito, a
discapito dei propri dirigenti e quadri operai. Arrivando
alle tattiche parlamentari di appoggiare proposte dei deputati
kirchneristi (ora all’opposizione). Così
è successo con l’appoggio a una posizione molto arretrata
nel dibattito sul pagamento del debito agli "avvoltoi"
(senza nessun riferimento al resto del debito estero), senza nemmeno
la giustificazione che i propri voti avrebbero permesso di impedire
questo pagamento.
La
Ft-Pts-Mrt proviene da una corrente che ruppe con la Lit e il
morenismo (alla fine degli anni Ottanta) accusandoci di capitolare
alla cosidetta “teoria dei campi borghesi progressivi e reazionari”
e di essere “elettoralisti”. Oggi “leggono” la realtà
ed elaborano le proprie posizioni sulla base del più puro
elettoralismo (con totale disprezzo del lavoro e del peso nelle
organizzazioni della classe operaia), e finiscono capitolando (con un
po’ di vergogna, chiaro) al campo borghese che il Pt dirige, o
all’opposizione borghese del kirchnerismo!
Non
resta che citare la frase di Don Chisciotte al suo fedele scudiero:
“Vedrai cose, Sancho, da non credere”.
Note
[1] http://litci.org/es/lit-ci-y-partidos/partidos/pstu-brasil/la-caida-de-dilma-seria-un-golpe/
(*) dal sito della Lit - Quarta Internazionale www.litci.org
(traduzione dall'originale in spagnolo di Nico Buendia).






















