Brasile
Dilma e Aécio: una falsa alternativa
Nessuno dei due poli borghesi rappresenta i lavoratori brasiliani
di Valerio Torre
Si è da poco celebrato il primo turno delle elezioni presidenziali in Brasile e il presidente uscente, Dilma Rousseff, non ha ottenuto la maggioranza sufficiente ad essere riconfermata nella sua carica già in questa tornata.
La candidatura classista del Pstu
Il Pstu, sezione brasiliana della Lit-Quarta
Internazionale, ha presentato come proprio candidato il compagno Zé Maria. Si è
trattato, come ampiamente dichiarato alla vigilia della competizione
elettorale, di una candidatura di alternativa classista e socialista contro la
falsa polarizzazione fra il Pt di Dilma e il Psdb di Aécio Neves, ma anche
contro l’altrettanto falsa “terza via” rappresentata da Marina Silva (1).
Per poter presentare un programma socialista
con al centro la rivendicazione di un governo dei lavoratori e per i
lavoratori, Zé Maria ha dovuto scontrarsi col boicottaggio mediatico dei grandi
organi di comunicazione e con una legge elettorale iniqua che privilegia i
partiti che gestiscono il potere. La sua campagna, a differenza di quella di
tutte le altre organizzazioni politiche, è stata totalmente finanziata dai
lavoratori, senza che un solo centesimo sia giunto da banche e imprese, e si è
svolta a diretto contatto con la classe operaia, dinanzi alle fabbriche e ai
luoghi di lavoro.
Il risultato elettorale, in linea con quelli
ottenuti nella precedente consultazione, è stato modesto. Ma, com’è noto, per
un partito rivoluzionario le elezioni sono solo un momento della disputa
politica nella società; e neppure il più importante, se consideriamo che esse
rappresentano il terreno della borghesia. Di più: sono un gioco truccato, in
cui i candidati delle banche e delle grandi imprese si contendono il potere per
poter gestire gli interessi economici dei loro mandatari, e perciò sono quelli
che hanno possibilità di “vincere”.
Il Pstu ha utilizzato la campagna elettorale
come tribuna rivoluzionaria, per divulgare fra i lavoratori un programma
socialista, di trasformazione della società, e per rimarcare che non è dalle
elezioni che potranno venire veri cambiamenti, ma solo dalla lotta della classe
lavoratrice, dagli scioperi e dalle mobilitazioni.
L’esito del primo turno
Il risultato elettorale ha dunque visto Dilma
Rousseff prevalere con 43.267.668 voti (41,59%) contro i 34.897.211 (33,55%) di
Aécio Neves. Marina Silva – che i sondaggi davano come la vera sfidante della
presidente uscente (addirittura con chance di vittoria finale) – è risultata
terza con 22.176.619 voti (21,32%).
E proprio ciò che emergeva dai sondaggi ha
fatto sì che la campagna elettorale del Pt sia stata martellante contro Marina
Silva e il pericolo che la sua coalizione potesse scalzare quella di Dilma
Rousseff (2). La Silva, infatti, si accreditava come “terza via”, intercettando
i consensi dei tantissimi delusi dalle politiche del Pt ma che non volevano il
ritorno ai governi del Psdb degli anni ’90. Questa impostazione tattica in
campagna elettorale ha però determinato una “migrazione” delle intenzioni di
voto per Marina non già verso il Pt, ma verso Aécio Neves, con un suo forte
recupero nei sondaggi ai danni della sfidante Silva, fino poi alla definitiva conferma
nelle urne del primo turno. Si ripropone dunque, ancora una volta (3), lo
“scontro” fra il Pt e il Psdb (con i rispettivi alleati). Intanto, Marina Silva
ha annunciato il proprio sostegno allo sfidante Neves.
Sta di fatto, però, che, prendendo a
riferimento il risultato del primo turno delle scorse elezioni (2010), Dilma perde
4.400.000 voti, mentre Aécio guadagna circa 1.800.000 voti rispetto all’allora
candidato del suo partito (José Serra); e la stessa Marina migliora il proprio
consenso grazie a oltre 2.500.000 di voti in confronto alla passata
consultazione. Non solo! Ma la maggioranza della coalizione che sorregge la
presidente uscente è parecchio meno solida di quella attuale (4).
È evidente, dunque, che anche in quello che
noi definiamo lo “specchio deformato” della lotta di classe – cioè il terreno
elettorale – si intravede il disincanto e la disillusione che nelle giornate
del mese di giugno del 2013 e nelle mobilitazioni in occasione dei Mondiali di
calcio importanti settori popolari e di classe lavoratrice hanno cominciato a
manifestare nei confronti di Dilma Rousseff e del suo governo (5).
Una “ondata conservatrice”?
L’esito delle elezioni ha indotto alcuni
analisti a parlare di una “ondata conservatrice” in Brasile, fondandosi non
solo sul dato numerico del voto ma anche su ciò che rappresentano gli eletti al
parlamento federale di Brasilia: difensori della pena di morte, della riduzione
d’età per l’imputabilità penale, del conservatorismo elitario, omofobico, razzista,
nostalgici della dittatura, che incarnano le tendenze più reazionarie della
classe dominante brasiliana.
Nondimeno, se tutto ciò è vero – come è vero
– fare ricorso alla categoria della “ondata conservatrice” significa non spiegare
perché milioni di voti per Aécio Neves sono venuti da settori di lavoratori e
giovani (6) che già erano scesi in piazza nelle meravigliose giornate di giugno
2013 contro il governo Dilma sentendosi traditi e abbandonati da un governo che
si è alleato con banche e grandi imprese garantendone i privilegi e che ha
conservato nella sostanza il modello economico dei vecchi governi del Psdb
negando alle classi popolari i cambiamenti sperati, mantenendo per di più la
vecchia pratica delle alleanze con la classe dominante e della corruzione;
significa anche non spiegare perché il “partito dell’astensione”, del voto in
bianco e nullo, sia stabilmente il secondo nei risultati elettorali (7).
In ultima analisi, significa assolvere il Pt
dalle sue enormi responsabilità nell’aver governato per dodici anni con la
borghesia e nel suo interesse. Se è vero, infatti, che il programma portato
avanti da Lula prima e da Dilma poi per combattere la miseria estrema, Bolsa
Familia, utilizza 24 miliardi di real annui del bilancio statale in favore
delle fasce più povere, è altrettanto vero che esiste un non formalizzato
programma Bolsa Banqueiro finanziato con 900 miliardi all’anno per
ingrassare i profitti delle banche e degli speculatori della finanza (8)!
Basti l’esempio del gruppo Jbs, di proprietà della
famiglia di Joesley Batista, secondo la rivista Forbes fra le dieci
famiglie più ricche del Brasile. La fortuna degli eredi di Batista ammonta a
4,3 miliardi di real ed è stata costruita durante i governi del Pt grazie a 10
miliardi di real prestati a tassi infimi dal Bnds (una banca pubblica
finanziata dai soldi di ogni contribuente brasiliano) al capostipite per
comprare innumerevoli imprese internazionali (Swift, Inalca, Seara, ecc.). I
profitti annuali di Jbs ammontano a più di 700 milioni di real. Jbs ha
finanziato la campagna elettorale di Dilma con 14 milioni di real.
Sempre secondo Forbes, César Mata
Pires, presidente del gruppo Oas (edilizia), possiede un patrimonio stimato in
1,55 miliardi di real. La rivista evidenzia che questa fortuna è stata
realizzata grazie agli appalti per la costruzione degli stadi dei Mondiali. Il
gruppo Oas ha finanziato la campagna elettorale di Dilma con 20 milioni di
real.
Per non parlare poi delle altre ricche
famiglie in possesso dei titoli del debito pubblico brasiliani, religiosamente
pagato dai governi del Pt. Solo nel 2012, Dilma ha speso 753 miliardi di real
(il 40% del bilancio statale) per il pagamento degli interessi: se ne sono
beneficiate le quasi 10.000 famiglie che controllano i titoli del debito
pubblico ricevendo quindi circa 75 milioni di real ciascuna.
Di fronte alla falsa alternativa continuare la lotta!
Dilma Rousseff e il
Pt possono perdere le elezioni per loro esclusiva colpa, per aver governato
insieme alla borghesia e nel suo interesse. E per volere testardamente
continuare a farlo! È di pochi giorni fa (significativamente fra il primo e il
secondo turno delle elezioni) la notizia che il governo intende approvare un
pacchetto di misure definite di “stimolo tributario”, attraverso cui le imprese
si vedranno alleggerito il carico fiscale di ben 100 miliardi di real (9). Ecco
dunque che è iniziata con grande clamore la campagna per il voto utile, con l’intenzione
di recuperare i consensi dei delusi che si sono allontanati da Dilma. Nessun
argomento viene risparmiato, finanche quelli allarmistici e persino
terroristici rispetto all’eventualità dell’elezione di Aécio.
Sull’altare di questa
campagna di drammatizzazione, naturalmente, non viene risparmiato chi, come il
Pstu, dà indicazione di voto nullo per il secondo turno. Si sprecano le accuse
di tradimento e persino di intelligenza col nemico.
È chiaro che Neves è
un candidato che provoca ripugnanza in chi lotta per l’eguaglianza sociale e
che merita il giusto odio di classe. Ma i marxisti non scelgono il male minore.
Il Pt in questi dodici anni si è postulato come il più intransigente
sostenitore e difensore dell’ordine capitalista in Brasile.
Molti attivisti di
sinistra pensano che, in situazioni di stabilità sociale, non è possibile
lottare se non per riforme nei limiti del sistema. Perciò non hanno grandi
aspettative.
Il ruolo dei rivoluzionari
non può essere quello di assecondare quest’arretratezza della coscienza, ma
invece di contrastarla, dimostrando ai lavoratori che è possibile andare oltre
quei limiti sfidando l’ordine capitalista. Anche a costo di nuotare contro la
corrente. È necessario, in altri termini, invitare i lavoratori e i giovani a
non riporre nessuna fiducia o illusione in nessuno dei due candidati, perché hanno
come loro programma quello della borghesia.
Il voto è un atto
politico che rafforza chi lo riceve e le classi subalterne non possono
rafforzare quelle dominanti. Il voto nullo, invece, rafforza la lotta del proletariato
con l’organizzazione e la mobilitazione. Solo nuove giornate, come quelle di
giugno, potranno conquistare un Brasile per i lavoratori.
Note
(1) Ministro per l’ambiente durante il primo mandato di Lula e diretta responsabile dei piani di deforestazione della regione amazzonica.
(2) La propaganda del Pt ha incessantemente presentato una visione catastrofista dello scontro Dilma-Marina, addirittura ipotizzando una sorta di risultato apocalittico nell’ipotesi del prevalere di quest’ultima, attraverso la dicotomia bene-male (Dilma avrebbe rappresentato il “Bene”, Marina il “Male”)!
(3) È così dal 1994.
(4) Il Pt è passato da 88 a 70 deputati federali e da 13 a 12 senatori. In tutto il Brasile è passato da 149 deputati statali a 108.
(5) Per un’analisi più approfondita rimandiamo all’articolo pubblicato sul n. 5 della rivista Trotskismo Oggi, “Il giorno in cui il gigante si svegliò. Analisi del processo rivoluzionario brasiliano”, nonché ai molti altri sul sito www.alternativacomunista.it.
(6) Neves ha vinto addirittura al primo turno in decine di quartieri operai di San Paolo e nell’ABC paulista, la cintura operaia dove sono insediate le più grandi imprese metal meccaniche, un tempo bacino elettorale del Pt di Lula e Dilma.
(7) Quasi 38.800.000 di astenuti, voti bianchi e nulli – il 27,17% – a rappresentare una violenta crisi di rappresentanza del sistema.
(8) Nel 2015, 14.000.000 di famiglie indigenti riceveranno 167 real al mese, cioè poco più di 53 euro (http://tinyurl.com/od3mk53).
(9) Http://tinyurl.com/l2ap49j.






















