Argentina: serve uno sciopero generale
e un piano di lotta unificato
di Daniel Ruiz e Matias Martinez (*)
“Non ce la facciamo più”. È la frase che si sente ogni giorno più forte nelle fabbriche, nei laboratori, nei giacimenti, nelle officine, nei mercati, nelle scuole. E non per niente. In ogni famiglia conosciamo qualcuno che rischia di perdere il proprio lavoro, e i giornali dicono che ci sono già 130.000 licenziamenti e 30.000 sospensioni quest’anno. I rialzi dei tassi e gli aumenti sfrenati dei prezzi strozzano i nostri salari e nei quartieri popolari crescono la rabbia e la disperazione, cercando una soluzione per poter continuare a riempire le pentole. Il colmo è che Macri, che non può più nascondere quello che sta accadendo, ci mente in faccia e dichiara che “gli dispiace come a tutti” dover applicare queste misure. Come il buon imprenditore che è, piange mentre favorisce quelli della sua classe a scapito dei nostri sforzi. Intanto, in soli quattro mesi di governo, la stessa Università Cattolica Argentina ha dovuto riconoscere che ci sono 1.400.000 di nuovi poveri nel nostro Paese, che si aggiungono ai 12 milioni che ci ha lasciato il governo di Cristina. E gli unici che hanno guadagnato in questo tempo sono le banche, le multinazionali e i grandi impresari.
Le centrali sindacali sono complici
In questo scenario, la Cgt e la Cta hanno abbandonato i loro iscritti. Non bastano le dichiarazione, le visite e i progetti di legge nel Congresso quando ci stanno uccidendo giorno dopo giorno con il nuovo piano. Anche la marcia convocata per il prossimo 29 aprile dalla Cgt è insufficiente. Serve un blocco generale che inizi un piano di lotta per affrontarli. Pablo Moyano dice che è finita la “luna di miele” con il governo e recentemente si è reso conto che stiamo vivendo una “manovra brutale”, ma non convocano nulla di concreto. E al contrario, Roberto Fernández della Uta (autisti) ha firmato l’accordo per il ribasso del 29% in tre quote, mentre ha avvallato un aumento del 100% delle tariffe del trasporto che pagano tutti i lavoratori. Quando l’inflazione annuale supera largamente il 40% (è del 15% nel primo trimestre), anche la Uom e Empleados de Comercio hanno firmato il ribasso e le quote. E il colmo è che tutti i capi sindacali sembrano responsabili delle risorse umane, gestendo ritiri volontari, sospensioni, dicendo che non si può fare nulla per non “mettere a rischio” il lavoro. I lavoratori hanno memoria e non vogliono tornare alla fame di fine degli anni ’90, perché senza lavoro gli assegni vengono spesi e sono le nostre famiglie che pagano i conti, mentre gli impresari sopravvivono sempre in qualche modo. La Cta da parte sua ha convocato scioperi isolati, senza dar loro continuità e senza unificare le lotte, lasciando correre i migliaia di licenziamenti e il piano di rottamazione che implica la nuova riforma dello Stato in corso. Non unificando e non dando continuità alle lotte, questi dirigenti hanno lasciato al loto destino provincie in lotta intere, come Santiago del Estero, Santa Cruz e la Terra del Fuoco.
Unire le lotte dal basso contro il piano antioperaio di Macri
Tuttavia,
ogni volta sono più le lotte che affrontano questo nuovo piano economico. La
rabbia cresce in basso e comincia a crepare l’accordo di quelli in alto. Gli
insegnanti hanno fatto il primo sciopero nazionale, con un’adesione quasi
totale, obbligando la direzione della Ctera a convocarlo dopo la firma di un
accordo vergognoso. La Terra del Fuoco è incendiata e c’è già stato uno
sciopero generale unificato su scala provinciale. I bancati sciopereranno il 14
di aprile contro la manovra e i licenziamenti. Gli statali stanno moltiplicando
le loto lotte e hanno già convocato un nuovo sciopero nazionale dell’Ate per il
19 aprile.
Iniziano
già le manifestazioni studentesche esigendo un biglietto studentesco e
migliorie edilizie, insieme alle proteste contro gli aumenti delle tariffe
della luce, del gas e dell’acqua. Si tratta di unire tutte queste lotte per
sconfiggere il piano antioperaio di Macri e delle padronali che ci stanno
gettando nella miseria. Non conserveremo il lavoro né difenderemo le nostre
condizioni di vita senza lottare. Quello che dicono questo per smobilitarci ci
stanno tendendo una trappola per dividerci e vincerci uno alla volta.
Per uno sciopero generale attivo
Dai
settori in lotta, dalle commissioni interne e dai sindacati dobbiamo
sollecitare assemblee per una piattaforma rivendicativa comune, che inizia a
costruire un piano operaio di emergenza di cui abbiamo bisogno di fronte alla
crisi.
Per
questo dobbiamo obbligare le direzioni sindacali a rompere con il Governo e le
padronali, convocando plenarie e incontri operai organizzati alla base su scala
regionale, che costruiscano il duro sciopero nazionale di massa di cui abbiamo
bisogno. Bisogna prendere l’esempio dell’unità operai studenti raggiunta in
Francia, che ha messo alle corde la riforma lavorativa del governo di Hollande.
E a
sua volta, questo sciopero non può essere una misura isolata. Deve essere
l’inizio di un piano di lotta unificato fino a sconfiggere il piano economico
in corso di applicazione, colpendolo dove più fa male, organizzando picchetti e
blocchi stradali che permettano di paralizzare il Paese. Come ha dimostrato la
vittoria del conflitto dell’olio dello scorso anno, bisogna guadagnare il
congiunto della popolazione per paralizzare i porti, gli aeroporti, i
giacimenti, le fabbriche da cui le multinazionali si prendono le ricchezze che
noi produciamo. È attorno a questa lotta che nascerà la nuova direzione di cui
i lavoratori hanno bisogni. Mettiamoci al lavoro
(*) del Pstu, sezione argentina della Lit - Quarta Internazionale.
Articolo pubblicato sul sito della Lit: www.litci.org
(traduzione dallo spagnolo di Matteo Bavassano)






















