Partito di Alternativa Comunista

Abbasso la «mobilitazione» forzata e i «referendum» di Putin

Abbasso la «mobilitazione» forzata e i «referendum» di Putin:

raddoppiare il sostegno alla resistenza ucraina!

 

 

A cura dei compagni della Lit-Quarta Internazionale presenti nella regione

 

 

L’avanzata delle truppe ucraine nella regione di Charkiv indica un capovolgimento importante nella guerra di Putin: l’occupazione rapida e «facile» mediante «forze speciali» e mercenarie è stata sconfitta. La risposta di Putin: imporre un referendum farsa sotto gli stivali e i fucili delle truppe occupanti e decretare il reclutamento forzato in Russia! Ecco la reazione a questa sconfitta.
Se in Ucraina è urgente il compito di boicottare e sabotare la celebrazione del referendum farsa, non meno importante è aumentare l’appoggio militare alla resistenza ucraina per proseguire l’offensiva: armi per la resistenza ucraina!
Putin ora trasforma la sua guerra contro le masse popolari dell’Ucraina in una guerra contro le masse popolari russe e i popoli della regione. La risposta di massa contro la mobilitazione forzata è la risposta del popolo russo: 1.300 arresti; azioni di malcontento negli uffici di arruolamento militari nelle regioni delle nazionalità oppresse dalla Russia, come nel Daghestan e nel Caucaso; esodo importante di coloro che hanno potuto disertare; tutto questo è probabilmente la punta dell’iceberg di una rottura più profonda con il governo di Putin.
L’avanzata delle truppe ucraine nella regione di Charkiv è il fatto politico-militare decisivo della nuova situazione della guerra. Dal progredire del cambiamento nei rapporti di forza militari sul terreno dipende la sconfitta di Putin e l’integrità territoriale dell’Ucraina.
L’indizione di questi «referendum» ha l’obiettivo di tentare di legittimare la mobilitazione dell’esercito russo per riprendere il controllo militare delle zone perse e minacciare l’uso eventuale di tutto il suo potenziale militare, inclusa l’opzione nucleare, in quello che, secondo lui, si convertirebbe in una guerra di difesa del territorio russo. Putin è sempre più isolato a livello internazionale e ha bisogno di una «vittoria» parziale per una guerra che ha già fallito nei suoi obiettivi. E, per questo, l’escalation di Putin accentua sempre più l’oppressione nella regione, perché la «mobilitazione» è anche un’aggressione al proletariato di quei territori e in particolare a quello Bielorusso, che si trova sotto la dittatura del collaborazionista Lukashenko.
D’altro canto, l’imperialismo statunitense e quelli europei vogliono evitare l’«umiliazione» di Putin e l’affossamento del suo regime; hanno bisogno di porre fine a una guerra economicamente costosa per l’imperialismo a causa della crisi energetica e dell’arrivo dell’inverno: pongono, cioè, i propri interessi al di sopra di quelli delle masse popolari ucraine.

 

Sostegno alla resistenza ucraina!

Dobbiamo denunciare il falso referendum come una manovra per legittimare un’annessione e un’occupazione dei territori ucraini del Donbas e del sud del Paese, e continuare il loro saccheggio. Questi referendum si tengono senza nessuna garanzia democratica: totalmente al contrario, sono votazioni che si tengono sotto gli stivali e i fucili delle truppe occupanti.

 

La Russia ha preso il controllo di una delle parti più ricche del territorio ucraino a livello di giacimenti minerari e metalli preziosi (titanio, oro, litio e carbone) valutati in miliardi di dollari, e in risorse energetiche (gas e petrolio).1 Per questo, si è impossessata delle fabbriche e delle miniere - come hanno fatto anche gli oligarchi ucraini alleati coi russi con i raccolti dei contadini ucraini - ha imposto un regime dittatoriale nelle zone occupate, senza nessuna libertà democratica reale, e meno ancora di organizzazione e di libera circolazione. Putin ha imposto sindaci e governatori fantoccio, manovrati e pagati dallo Stato russo, togliendo l’insegnamento della lingua ucraina nelle scuole e ritornando al passato razzista e coloniale di oppressione delle masse popolari ucraine. Si tratta di zone occupate amministrate militarmente come campi di detenzione.
Di fronte a questi referendum, che cercano di legittimare un’annessione, dobbiamo sostenere incondizionatamente tutte le iniziative e le possibili mobilitazioni delle masse popolari ucraine per boicottare e ostacolare la celebrazione dei referendum nelle zone occupate, e raddoppiare l’appoggio militare alla resistenza ucraina.
L’imperialismo statunitense e quelli europei hanno annunciato e celebrato l’invio di una maggiore quantità di armamenti, votando bilanci di miliardi di aiuti militari di proporzioni storiche. La loro propaganda di guerra è molto chiara: bisogna approfittare della controffensiva per indebolire militarmente al massimo l’apparato militare russo senza allargare il conflitto. Ma la propaganda non si sta traducendo nell’invio delle armi pesanti necessarie per la resistenza ucraina. Si tratta di bilanci per riarmare i propri eserciti e per stimolare l’industria degli armamenti dei rispettivi Paesi. Promettono armi che devono essere ancora prodotte, ben sapendo che in massima parte arriveranno solo l’anno prossimo, mentre la resistenza ha bisogno di armi oggi. Inoltre, i bilanci militari astronomici si scontrano sempre più con la realtà quotidiana dei lavoratori di questi Paesi, vittime di una inflazione galoppante e di politiche di austerità che stanno provocando esplosioni come l’ondata di scioperi in Gran Bretagna.

 

Continuiamo a mobilitarci!

Per questo, dobbiamo continuare a mobilitarci a sostegno della rivendicazione di «armi per l’Ucraina» in tutti i Paesi e, allo stesso tempo, combattere contro il riarmo degli eserciti imperialisti e l’espansione della Nato. In Ucraina in particolare, bisogna esigere che il governo di Zelensky consegni le armi alla resistenza operaia e popolare organizzata nelle «Difese territoriali»; e che sospenda immediatamente le misure antioperaie approvate in primavera e in estate, che sono una pugnalata alle spalle dei lavoratori in piena guerra e che, di fatto, indeboliscono materialmente e moralmente gli sforzi bellici della resistenza.
In risposta ai «referendum» in Ucraina e alla «mobilitazione» forzata in Russia, c’è bisogno di qualunque mezzo per rafforzare la lotta per la liberazione completa del Paese:

- Ampliamento dell’organizzazione militare: addestramento generale delle masse popolari all’uso delle armi.

- Stabilire nelle fabbriche la produzione delle armi e di tutti i prodotti necessari, nel quadro di un unico piano di difesa nazionale.

- Approvvigionamento completo dei lavoratori al fronte e delle loro famiglie nelle retrovie; arresto con confisca per tutti i trafficanti di aiuti umanitari; abolizione di tutte le leggi antioperaie emanate dal governo Zelensky negli interessi degli oligarchi.

Per la realizzazione di questi obiettivi, è necessario che i compiti di difesa al fronte e nelle retrovie siano posti nelle mani della classe operaia e che migliorino nell'organizzare la loro lotta e la resistenza all'invasione russa, senza fidarsi di Zelensky. L’unico modo di vincere è l’organizzazione dei lavoratori in maniera indipendente dal governo.

 

Pieno appoggio alle proteste delle masse popolari russe

Putin ha intenzione di inviare i lavoratori al macello per conservare il proprio potere e per difendere gli interessi della Fsb2 e degli oligarchi. Con queste misure di mobilitazione parziale, la prima dalla fine della seconda guerra mondiale, vuole aumentare drasticamente l’esercito di occupazione e utilizzare la classe lavoratrice russa come carne da cannone per continuare la guerra (come reclamano da tempo i settori più fanatici del suo regime). In realtà, questa fuga in avanti per assicurarsi che il conflitto arrivi all’inverno (cosa che interessa a Putin a causa del suo braccio di ferro con l’Ue per i prezzi del gas) è un riconoscimento della sconfitta della sua strategia di prendere il controllo di territori dell’Ucraina grazie alle forze di mercenari da strati di emarginati, arruolati nelle prigioni in cambio di una cancellazione della condanna; o dalle imprese private. Cioè, l’occupazione rapida e «facile» mediante l’utilizzo in via esclusiva di «forze speciali» è stata sconfitta.
L’idea secondo cui Putin starebbe massacrando solo gli ucraini, mentre starebbe invece proteggendo le masse popolari russe, è profondamente sbagliata. Per il regime degli oligarchi di Putin e della Fsb, la vita dei lavoratori russi è polvere come quella dei lavoratori di Ucraina, Siria, Kazakistan, Cecenia che hanno ucciso, o quelli della Bielorussia sotto la dittatura di Lukashenko. Secondo alcune fonti, si calcola che in questi sette mesi di guerra sono morti tra 50.000 e 70.000 soldati e mercenari russi. La crisi morale e politica nelle truppe russe è reale. Varie fonti segnalano, per esempio, che i mobilitati vengono mandati al fronte senza equipaggiamento né uniforme, che sono i soldati stessi che devono comprarli, molte volte con l’aiuto della propria famiglia. Putin ha offerto aiuto finanziario statale ai mobilitati, per rifinanziare i prestiti e i debiti di coloro che vengono chiamati al fronte, e ha imposto sanzioni severe ai disertori. I disertori o i soldati che si rifiutano di combattere affrontano ora pene fino a dieci anni di carcere. E quelli che decidono oggi chi va al fronte a lottare sono l’amministrazione e i dirigenti delle aziende in alleanza con il governo.
L’escalation di Putin ha aumentato in maniera qualitativa il malcontento verso il governo. Settori della classe lavoratrice cominciano a comprendere che il regime di Putin è disposto a mandarli al fronte, a morire in una guerra che non difende i loro interessi, ma quelli degli oligarchi. C’è nervosismo e incertezza tra settori della borghesia e del comando militare. La principale prova del fatto che i lavoratori russi non vogliono andare a combattere in Ucraina sono le nuove mobilitazioni spontanee in 38 città il giorno dopo l’annuncio di Putin, a seguito delle quali vi sono stati più di 1.300 arresti; ma anche l’importante esodo di quanti potevano disertare: i biglietti aerei sono esauriti.3 Si sono verificate anche azioni di malcontento nei commissariati militari delle regioni delle nazionalità oppresse della Russia, come il Daghestan e il Caucaso.4 Queste azioni sono probabilmente la punta dell’iceberg di una rottura più profonda delle masse russe con il governo di Putin, che non può esprimersi a breve con mobilitazioni di massa dato il carattere altamente repressivo del regime. Per questo, dobbiamo organizzare una grande campagna di solidarietà con gli attivisti russi che manifestano contro la guerra e con i soldati che scelgono di non andare al fronte o che depongono le armi, organizzando proteste in loro appoggio ed esigendo la libertà di tutti i prigionieri politici in Russia. La mobilitazione di massa e gli scioperi dei lavoratori contro le aggressioni militari dei propri governi hanno avuto un ruolo chiave per sconfiggere il fronte di invasione invasore nelle guerre. Anche la guerra d’Ucraina sarà vinta grazie all’indebolimento del regime sanguinario di Putin da parte del suo stesso popolo. La guerra di Putin contro le masse popolari dell’Ucraina si sta trasformando in una guerra contro gli stessi lavoratori russi. La sconfitta di Putin in questa guerra è positiva per le masse lavoratrici russe. Inclusa la sconfitta della «mobilitazione».
Per le masse lavoratrici della Bielorussia, questo significa che nuove unità possono tornare a occupare la Bielorussia per aumentare l’aggressione contro l’Ucraina da questo territorio, grazie al collaborazionismo di Lukashenko e dietro il pretesto di «onorare gli obblighi verso gli alleati» nel contesto di un «attacco alla Russia» (in forma di territori occupati annessi con referendum farsa). Lukashenko dichiara continuamente: «stiamo con la Russia», «non permetteremo che la Russia venga pugnalata alle spalle», «abbiamo forze armate comuni». La guerra su larga scala - nella quale il governo della Bielorussia è coinvolto - e l’aumento degli effetti delle pressioni influenzeranno inevitabilmente sempre più la Bielorussia. Qualunque minaccia per l’Ucraina è anche una minaccia per la Bielorussia. La dittatura e la dipendenza della Bielorussia sono indissolubilmente legate alla vittoria dell’Ucraina sugli occupanti. Per questo diciamo che la lotta degli ucraini è anche la lotta delle masse popolari della Bielorussia.

 

Per una «pace giusta per tutte le parti» o per la sconfitta militare di Putin?

Non vi sono dubbi che gli Stati Uniti e l’Ue vogliono indebolire lo Stato russo nella regione che aspirano a controllare. Quando parlano di una «pace giusta per tutte le parti», Biden e Macron suggeriscono una via d’uscita per Putin che sarà inevitabilmente a spese dell’Ucraina, dato che non si sono mai impegnati a difendere fino in fondo la sovranità nazionale di quest’ultima.5 Putin e i governi imperialisti della Nato, benché siano in competizione per il controllo dell’Ucraina, hanno collaborato per sopprimere le rivolte dei lavoratori in Ucraina e nei territori dell’ex-Urss. I governi occidentali temono la vittoria completa delle masse popolari ucraine su di loro, temono la classe operaia armata dell’Ucraina, che non rinuncerà all’indipendenza del Paese ed è poco probabile che voglia lavorare per gli oligarchi e i finanzieri occidentali.
Quello che maggiormente temono sia l’imperialismo che Zelensky è che i lavoratori ucraini, bielorussi e russi possano assumere il controllo della situazione per lottare per i propri interessi. Ora, la velocità dell’offensiva ucraina per impedire la riorganizzazione delle truppe di occupazione è la cosa più importante perché si consumi la sconfitta militare di Putin. In sua mancanza, lo faranno i «mezzi diplomatici» a spese delle masse popolari ucraine. Se si configurasse questo quadro, la lotta per difendere la sovranità nazionale integra e completa sarebbe nelle mani della risposta della classe operaia armata.
Per questo affermiamo che qui non c’è una soluzione giusta «per tutte le parti», e che la soluzione «giusta» che sosteniamo è la vittoria della resistenza ucraina e il recupero della totalità del suo territorio nazionale per affermare la propria indipendenza. Questa sarebbe una vittoria non solo del proletariato ucraino, ma anche una vittoria per tutte le masse popolari oppresse dalla Russia nella regione e per il proletariato russo, che sarebbe incoraggiato a ribellarsi contro il crudele dittatore che funge da presidente. Ma questo risultato sarebbe anche una sconfitta determinante per Putin e per la borghesia russa, così come per gli interessi dell’imperialismo statunitense e di quelli europei in Ucraina. Per noi, una pace giusta è una pace senza annessioni, ed è anche una pace senza l’indebitamento economico che il Fmi e l’Ue stanno imponendo all’Ucraina, vale a dire una pace che istituisca un’Ucraina libera, sovrana e veramente indipendente, e questa pace oggi può garantirla solo il proletariato ucraino alleato con il resto del proletariato della regione, della Russia, dell’Europa e degli Stati Uniti.

 

Per la sconfitta di Putin! Per la vittoria dell’Ucraina!

Abbasso i «referendum» e la «mobilitazione»! Libertà immediata per tutti i prigionieri politici in Russia!

Armi per la resistenza ucraina ora! Solidarietà materiale con la classe lavoratrice ucraina!

Per un’Ucraina sovrana, libera e indipendente! Nessuna annessione! No all’indebitamento! Scioglimento della Nato e del Csto!

 

Note

1) https://www.washingtonpost.com/world/2022/08/10/ukraine-russia-energy-mineral-wealth/

2) Fsb, Servizio federale di sicurezza, polizia politica russa erede del Kgb. Vedi https://litci.org/es/rusia-bajo-putin/

3) https://www.aljazeera.com/news/2022/9/21/russian-group-calls-for-protests-against-putins-war-mobilisation

4) https://www.npr.org/2022/09/23/1124678888/russia-ukraine-military-draft-protests-flight

5) Pare che all'assemblea delle Nazioni Unite di questa settimana, il presidente turco Erdogan, incaricato di negoziare una pace tra le due parti, abbia affermato ad alta voce ciò che pensano Washington e l'Ue: "Serve una via di uscita dignitosa da questa crisi e questo può essere possibile solo attraverso una soluzione diplomatica che sia razionale, equa e applicabile”. https://www.nytimes.com/video/world/100000008543509/erdogan-turkey-united-nations.htm

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